Politica

Lo spettacolo scende in piazza Gli spettatori vanno al cinema

In corteo a Roma contro i tagli al Fus decisi dalla Finanziaria i volti più famosi di cinema e teatro, ma «La tigre e la neve» di Benigni è uscito in alcune sale

Emanuela Fontana

da Roma

C’era chi ha fatto la storia del cinema, come Mario Monicelli, il più riverito, c’erano i registi rampanti e le attrici mancate, qualche volto del Grande fratello, anonimi aiuto produzione, i nostri attori più famosi (Anna Galiena, Mariangela Melato, Sabrina Ferilli, Claudio Verdone) e ragazzette imbellettate con labbra e seno rifatti su gambette da bambina, arrivate per fare «il passeggio» davanti ai registi. Ma forse hanno scelto la giornata meno adatta, perché gli uomini in questione erano più impegnati a ruggire che a guardare. «Dobbiamo fare un comitato di resistenza per rompergli i coglioni», tuonava per esempio Michele Placido guardando con astio l’impalcatura di Montecitorio.
Tutti avvolti in una nube di fumo, quanto fumo, occhiaie che in video e al cinema non si vedono mai, tutti attaccati in maglietta sotto un sole d’estate, come alla prima di un film in una piazza che sembrava piccolissima, davanti al centro congressi Capranica, per chiedere più soldi al governo e gridare «vergogna» contro la stessa impalcatura muta di Montecitorio.
Una «prima» vera l’hanno fatta saltare gli artisti che ieri hanno protestato in piazza Capranica contro i tagli del 40% allo spettacolo imposti dalla finanziaria 2006 in occasione dello sciopero nazionale. Roberto Benigni aveva scelto venerdì 14 ottobre per l’uscita del suo film La tigre e la neve. La stessa data è stata scelta per lo sciopero. Difficile non notare la coincidenza di date. Placido ieri rifletteva così: l’iniziativa viene «dimezzata» dal fatto che «la produzione di Benigni ha scelto di uscire comunque in alcune sale». In alcune, in effetti così è accaduto nei fatti: mentre il regista de La vita è bella faceva ingresso nel teatro Capranica con la moglie Nicoletta Braschi, i primi spettatori romani entravano al cinema Cineplex Gulliver a vedere il suo ultimo lavoro, in cartellone nonostante lo sciopero.
Ieri il premio Oscar ha intelligentemente sorvolato sui misteri della coincidenza delle date e sul fatto che il suo film fosse rimasto sullo schermo: «Siamo qui per una festa, i tagli non ci sono». Mattatore sul palco, dove coordinatore era Corrado Augias e anche prima di salire, saltellante tra bandiere della Cgil, è ricorso a aneddoti e metafore come nel suo stile. Ha citato Dostoevskij con la favola dei taglialegna e ha quindi mandato il suo messaggio visionario: «La cultura è pesante ma fa camminare più spediti». La cultura è «la firma di un popolo e allora diano questi fondi e poi noi glieli ridiamo centuplicati». Poi qualche gag su Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi, per alleggerire il clima molto sindacale per le presenze dei leader dei confederali, in prima fila Savino Pezzotta e Guglielmo Epifani e dei leader del centrosinistra, tra cui Piero Fassino, alla riscoperta del valore dell’arte, della danza, della musica. Questi tagli vogliono dire mettere in pericolo di vita «il cinema, il teatro, la musica, la danza», ha commentato il leader della Cgil lasciando il Capranica prima della conclusione, «sessantamila persone rischiano di perdere il posto di lavoro».
Placido è stato durissimo: «È un governo preoccupato soprattutto delle tv, poi hanno pensato al calcio. Il problema è che siamo in mano a degli zoticoni, che non sanno neanche dove sta di casa la cultura». Più moderato Gigi Proietti: «Dobbiamo pensare che dopo questa manifestazione ci ripensino - commentava cercando di entrare nel teatro stracolmo -. Poi vedremo cosa fare nel futuro. Spero che questa manifestazione possa fare pressione seriamente». Monicelli, in scarpe da ginnastica: «Che vi devo dire, dobbiamo sperare di vincere le prossime elezioni». Leo Gullotta sembrava un parlamentare appena uscito da Montecitorio. Completo, cravatta, occhialini seri: «Devono capire che la cultura è l’identità di un Paese».
Tra un gruppo di marionette e cartelloni a volte ai limiti dello scurrile, è stata Sabina Guzzanti a coordinare l’ordine pubblico, trascinando una parte dei manifestanti compressi in piazza Capranica sotto Montecitorio, dove è partito l’urlo «vergogna!». Le ragazzette si sono assiepate davanti all’ingresso principale del teatro. Una di loro dopo aver sentito parlare Proietti ha detto in estasi: «È bellissimo». C’erano poi giovani allievi di scuole teatrali e i «detenuti-attori» del carcere di Rebibbia.
Gli unici strumenti musicali erano dei fischietti da manifestazione. Repertorio nazionalpopolare a sinistra: Bella ciao e l’inno di Mameli. Dopo le grida a Montecitorio il corteo ha bloccato via del Corso. Lunga discussione con la polizia davanti al traffico bloccato e poi la decisione di sciogliere il corteo: registi e attrici, attori e comparse, produttori e sceneggiatori. Oltre alle ragazzine in cerca di una parte.

Chissà chi di loro è andato al cinema a vedere Benigni, ieri sera.

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