Lo spoil system di mister Mapei inizia dal «Sole»

RomaI problemi degli industriali non sono cambiati molto rispetto all’era Marcegaglia: le tasse da ridurre, lo Stato che non paga i debiti e la burocrazia che soffoca l’iniziativa privata. Ma una novità alla prima assemblea di Confindustria dell’era Squinzi c’è ed è la bocciatura della riforma del lavoro del governo Monti, che è alle battute finali in Parlamento, ormai definita nei contenuti. «Se la riforma delle pensioni è stata molto severa, ma necessaria» - ha detto Giorgio Squinzi nella sua relazione di insediamento - quella «del lavoro appare meno utile alla competitività del Paese». È «una riforma che modifica il sistema in più punti, ma - a nostro giudizio - non sempre in modo convincente». Presa di posizione che non è piaciuta al ministro Elsa Fornero («il Ddl non va valutato in una prospettiva di parte»), che lo stesso premier Mario Monti ha liquidato («scontentare tutti» è un merito, non un demerito) ed è stata invece apprezzata dall’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, talmente contrario che non partecipa alle votazioni del ddl.
L’era Squinzi si apre anche con la prospettiva, peraltro flebile, di una compartecipazione dei lavoratori agli utili dell’impresa (la prevede un emendamento al ddl lavoro). «Voglio dire con chiarezza - è l’avvertimento di Confindustria - che siamo assolutamente contrari a ogni imposizione».
Nessuna indicazione precisa su come cambiare la riforma del lavoro. Squinzi preferisce puntare su una riduzione del carico delle tasse sulle aziende, sulla semplificazione e sulla ripresa dei consumi. «Occorre dare concreta prospettiva di riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro». La pressione fiscale e contributiva sulle piccole aziende nel 2011 «era pari, in Italia, al 68,5%, contro il 52,8% in Svezia, il 46,7% in Germania, il 37,3% nel Regno Unito». Si tratta di una «zavorra intollerabile che si aggiunge ad altre zavorre che penalizzano le imprese italiane».
Dati anche sul peso della burocrazia («Ci costa 45 miliardi in più rispetto ai migliori esempi nel resto d’Europa») per spiegare che serve una semplificazione radicale. «La riforma della Pubblica Amministrazione è la madre di tutte le riforme perché è quella che, insieme alla semplificazione normativa, più ci può aiutare a tornare a crescere».
Squinzi torna su un cavallo di battaglia di Confindustria, il taglio delle spese. E, ancora una volta, fa capire al governo tecnico che quello che è stato fatto non è sufficiente. «Non possiamo accontentarci di una spending review che sia solo una bella analisi dei tagli possibili. Servono tagli veri. Gli italiani - ha insistito Squinzi - stanno sopportano grandi sacrifici e non capiscono perché l’azienda Stato non possa risparmiare come risparmia l’impresa nella quale lavorano». Promozione con riserva per i decreti sui debiti che lo stato ha con i privati e che non paga (bene, ma «vanno attuati con convinzione»).
Un appello per un «paese normale» che sa tanto di bocciatura del governo Monti e che molti nel parterre dell’Auditorium della Musica ieri hanno assimilato alla presa di distanze di Emma Marcegaglia, un anno fa, dal governo di Silvio Berlusconi. Anche il governo deve avere fatto una valutazione del genere perché sui punti chiave della relazione di Squinzi tutti i ministri hanno fatto quadrato. La spending review, ci sarà e «sarà tostissima», ha garantito Fornero.

Più cauto il responsabile dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che ha avuto l’ingrato compito di rappresentare l’esecutivo. «Giustamente Confindustria si aspetta molto dal Governo e il nostro impegno per uno sforzo aggiuntivo c’è tutto». Ma uno sforzo spetta anche agli industriali: «Il Paese si aspetta molto da voi».

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