Sponde da rifare, la Darsena resta all’asciutto

«È un problema serio, molto serio. Oggettivamente si deve trovare un sistema per consolidare le sponde o fare delle pareti parallele». Darsena, un cratere aperto nella città. Ci vorranno ancora due estati all’asciutto prima di veder tornare l’acqua in quel cratere abbandonato per anni al degrado e all’incuria. E più di due milioni di euro per sistemare sponde e fondale. Le ipotesi al momento sono due, spiegano dagli uffici dell’assessorato ai lavori pubblici del Comune. «O si fa un muro di cemento armato adiacente a quello che già c’è e lungo tutte e due le pareti, oppure si consolidano quelle esistenti. Ma sono tutte scelte che vanno condivise con la sovrintendenza». Intanto ci sono altri scavi da fare, rilievi e i lavori di pulizia (50-60mila euro di spesa) che stanno per essere terminati proprio in questi giorni. La verifica tecnica per capire il reale stato della Darsena e gli interventi che serviranno a far tornare il bacino a essere l’antico porto di Milano, sono stati affidati a Metropolitana milanese. E, dopo un mese di studi, un primo responso è arrivato: per riportare l’acqua va ripristinata l’impermeabilizzazione sul fondale e rafforzate le sponde. «Il fondo della Darsena non ha più tenuta, una volta tolta l’acqua si è seccato e se arrivasse di nuovo ora, scivolerebbe via».
Ma sul futuro del bacino c’è anche un’altra incognita, quella della battaglia legale tra amministrazione e privati. Dopo che il Comune ha revocato la concessione per la costruzione dei parcheggi e ottenuta la restituzione dell’area con il giudizio favorevole del Tar, la società è andata a chiedere ragione al Consiglio di Stato. L’udienza è fissata per il 22 giugno. Nonostante abbia dato ragione all’amministrazione, il tribunale amministrativo non si è ancora espresso nel merito e quindi anche il responso del consiglio di Stato potrebbe slittare. «Se consentono la sospensiva, si riprendono il cantiere e si accantona tutto - aggiungono dall’assessorato -. Noi dobbiamo uscire fuori». Che significa abbandonare anche l’ipotesi di coprire la voragine con un manto verde, in attesa che torni l’acqua.

«Nel frattempo si potrebbe mettere il verde. L’ipotesi è quella di coprire le mura spagnole, sistemare parapetti e mettere il verde. E riaprire al pubblico, non con un percorso sull’acciottolato però. Ma ancora tutto da valutare con la sovrintendenza».

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