La Juve dei 31 scudetti è di "tutti" gli juventini

Ventinove o trentuno scudetti? La "guerra" tra tifosi non è mai finita

Il dubbio non è per niente amletico, come potrebbe sembrare: ventinove o trentuno? Le baruffe tra juventini e antijuventini fanno parte del gioco delle fazioni, oggi ancora più miserabile e violento di un tempo, le infamie riempiono i social network, la guerra non è mai finita.

Semmai, la domanda provocatoria dovrebbe essere un'altra e va indirizzata alla proprietà della Juventus, la stessa che reclama il numero 31 e lo esibisce, lo sbandiera, lo stende a centrocampo nel giorno della festa, lo fa stampare sulle magliette e diventa un'altra memoria sui muri dello Juventus stadium. Allora se gli scudetti sono trentuno perché John Elkann non dice una parola su chi quei due scudetti ha portato al club? Perché cancellare da qualunque celebrazione, evento, ricordo, i cognomi di Giraudo Antonio e Moggi Luciano per tenere in piedi soltanto la figurina di Bettega Roberto che con gli altri due ebbe convivenza?

La proprietà non può, da una parte, pretendere che la giustizia sia stata ingiusta e poi fare giustizia personale su personaggi e interpreti di quell'epoca.
Forse Gianni Agnelli così si comportò con chi, del gruppo, all'epoca di tangentopoli, venne coinvolto in affari giudiziari? Controllate gli archivi e troverete la risposta negativa.
Questo è invece accaduto con la Juventus, dopo la scomparsa dei fratelli Agnelli, un territorio di conquista, un giocattolo bello ma scomodo. Se la squadra ha ottenuto due titoli negli ultimi due anni lo deve a un allenatore ex capitano che è stato suggerito ad Andrea Agnelli proprio dagli ex dirigenti. Se in tribuna e nel consiglio di amministrazione siede Pavel Nedved, anima e cuore di quella Juventus corruttrice, significa che il passato va rispettato, sempre. Esistono in circolazione esemplari di giornalisti, depositari di juventinità trasparente, che si sono vergognati di Moggi&Giraudo e giudicano con disprezzo il presidente definito «il signorino che porta il nome francamente eccessivo di Agnelli» senza alcuna reazione del parentado. Indicano la Juventus etica e pulita quella dei tempi di Boniperti e trascurano che, anche allora, le accuse di manipolazione degli arbitri erano puntuali e documentate (Travaglio, capo della delegazione dei puri, vada a rileggersi gli attacchi di Brian Glanville e di altri sodali inglesi, all'accompagnatore degli arbitri del club bianconero - non era Moggi Luciano - definito in un titolo, Mister Fix It "Il Trafficante", con tutti i particolari di cronaca, senza dimenticare quello che si disse e si scrisse di Italo Allodi).

L'etica juventina, slogan del duemila e sei, non è una fisarmonica che si apre e si chiude seguendo i desideri del fisarmonicista e della sua orchestra.

La Juventus dei trentuno scudetti è di tutti gli juventini. Anche degli esclusi. Altrimenti cancellino 31 e anche 29. Quindi chiedano a Zeman e a Travaglio quale sia il numero giusto, onesto, pulito degli scudetti juventini.

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