Al Milan basta un tiro per far fuori l'Udinese: Birsa bomber di scorta

Un altro gol da tre punti dello sloveno rivelazione. Gabriel bella novità per Allegri, si rivede pure Kakà

Al Milan basta un tiro per far fuori l'Udinese: Birsa bomber di scorta

Le cattive notizie non mancano mai in casa Milan. Ma anche quelle buone cominciano a diventare più di una. La prima: secondo successo casalingo consecutivo, stesso risultato, 1 a 0, stesso marcatore, Birsa. La seconda: forse in fondo al faraonico gruppo c'è anche un giovane portiere molto promettente, Gabriel, entrato per il ko muscolare subito da Abbiati. Una sola parata ma decisiva, deviando sulla traversa la punizione magistrale di Totò Di Natale. È da questo dato che si colgono le caratteristiche del portiere: un solo intervento, un prodigio. Senza la colonna della squadra, Abbiati, Mexes, De Jong, Balotelli, il Milan tira fuori energie insospettate e mette in riga anche l'Udinese, di solito rivale molto temuto e temibile. La squadra di Guidolin, quarta sconfitta in campo esterno, viaggia male e lo conferma anche qui a San Siro, responsabilità anche di uno schieramento troppo difensivo per mettere pressione alla difesa rossonera più attenta del solito. E qui bisogna anche citare Silvestre che almeno alla prima apparizione milanese non sbaglia un solo intervento. Poi c'è anche il ritorno di Kakà che massaggia il cuore di molti sostenitori e anche qualche critico stagionato. Così la serata è completa. Certo, niente di trascendentale rispetto alle aspettative iniziali, ma rialzarsi in piedi e salire a 11 punti in classifica per il Milan di questi tempi è un tonico di cui ha un disperato bisogno. Se poi avesse anche un centravanti degno di tal nome, Matri insomma, allora il ritardo in classifica potrebbe anche non preoccupare. E invece…
Poiché i guai, a Milanello, non finiscono mai, e magari il livornese pure se li attira (frase di venerdì: «mai infortuni al polpaccio»!) ecco che tocca ad Abbiati alzare la mano, dichiarare l'insulto muscolare al polpaccio (ne soffre da molti anni e non ancora lo mandano in pensione) e farsi da parte. La scelta di Allegri, a modo suo, è quella che spiazza: si scalda Gabriel, classe '92, brasiliano reduce da un rovinoso incidente alla spalla, e perciò escluso dalla lista Champions (col Barcellona perciò toccherà ad Amelia: i deboli di cuore restino a casa). È lui il portiere del futuro secondo lo staff tecnico e perciò gioca da titolare in campionato. Sotto gli occhi del ministro Cancellieri (accompagna in tribuna il nipotino tifoso rossonero), la curva prima squalificata e poi riammessa si prende la sua rivincita con una provocazione inutile e dannosa: pubblica uno striscione polemico, intona il coro proibito una sola volta raccogliendo l'applauso solidale di mezzo stadio oltre che dello spicchio friulano relegato al terzo anello e dopo l'appello del club, si mette a cantare un altro repertorio. I guai, anche i curvaioli, se li cercano, allora! Il Milan, pur ridotto maluccio da assenze a ripetizione, si mette di buzzo buono a fare la partita. Montolivo rammenda cento sbreghi, Birsa sembra il più attivo oltre che il più ispirato: una volta Pinzi lo stronca da dietro (fallo da rosso derubricato a giallo dall'impreparato Guida), un'altra volta su sponda di Robinho, dal limite dell'area, col sinistro a girare coglie l'angolo lontano, a dimostrazione che il gol, già trovato contro la Samp, non è un elemento occasionale nel suo repertorio. È un Milan più convincente di altre occasioni (a eccezione del solito Matri, sempre fuori dal gioco), mentre l'Udinese è troppo arrendevole per non richiedere il rimpasto della ripresa (dentro Muriel al posto di Basta, uno dei più attivi in verità, poi Zieliniski e Ranegie) che sprigiona una sola prodezza balistica del solito Totò Di Natale a cui si oppone con un balzo felino, dimostrazione del tasso tecnico, il debuttante Gabriel deviando sulla traversa il pericolo.
1.601 giorni dopo l'addio a San Siro (Milan-Roma del 24 maggio del 2009), arriva anche l'ora di Kakà che incassa il boato del pubblico sulla fiducia. Partecipa alla fase più delicata della sfida, quella finale in cui il Milan rischia un paio di volte (per colpa di Muntari) di farsi raggiungere sprecando qualche contropiede di troppo (inguardabile Niang che tira da ogni posizione senza mai centrare lo specchio della porta).

Si vede che ha pochi minuti d'autonomia ma il talento, per fortuna dei pochi fedeli, è ancora intatto: basta lucidarlo per farlo venir fuori. Ci vogliono solo settimane di lavoro e di graduale inserimento prima di vedere il Kakà di un tempo antico.

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