Il balletto che Antonio Conte mette in scena sotto la curva dei tifosi bianconeri quando l'arbitro fischia la fine di Palermo-Juventus è la sintesi perfetta della giornata: Signora vittoriosa al «Barbera», il suo Lider Maximo di nuovo al centro dell'attenzione e le rivali facciano un po' quello che vogliono. Intanto la Juve è davanti a tutte e, se non rallenta lei, non è che ci si possano inventare modi particolari per rimontare. Poi, con un sorriso largo così, il tecnico bianconero si offre alla stampa e fa capire subito che aria sarebbe tirata se il Palermo fosse riuscito in qualche modo a pareggiare nel finale: «Saremmo rimasti chiusi negli spogliatoi e avremmo fatto ritiro qui per due giorni. Dobbiamo essere più cinici e segnare più gol».
Ecco: se c'era qualche dubbio - ma qualcuno ne aveva davvero? - su come si sarebbe ripresentato Conte alla platea, è stato accontentato: felice per forza di cose, ma anche tremendamente pretenzioso e incapace di accontentarsi. Non lo ha mai fatto e mai lo farà. Né avrebbe potuto farlo ieri, in una giornata da buoni sentimenti visto il termine della squalifica: «La vittoria conta sempre, per tutti noi». Anche in una giornata così, soprattutto in una giornata così: «È stato un dolore non sentire il profumo dell'erba. Anche se lavori tutta la settimana, la partita ti regala sensazioni che poi mancano. Ho vissuto una vicenda formativa sotto tutti i punti di vista, ma la squadra ha risposto in maniera straordinaria: sono stati speciali tutti, i ragazzi, la società e forse anche io. Chi mi ha sostituito lo ha fatto molto bene, ma togliere un allenatore alla squadra è come sgonfiare le gomme a una macchina: se tutto questo fosse successo l'anno scorso, sarebbe stata una rovina. Adesso invece siamo primi in classifica e qualificati per gli ottavi di Champions».
Un trionfo insomma, al netto dei rimproveri e della difficoltà a segnare da parte degli attaccanti: anche ieri Vucinic è stato straordinario in fase di costruzione - suo l'assist di tacco per il gol di Lichsteiner, a inizio ripresa - ma soprattutto il palo colpito nel primo tempo grida ancora un po' di vendetta. Ne è poi arrivato uno anche appena dopo metà gara, ma in quel caso nessuno gli può rimproverare nulla, trattandosi di una conclusione da fuori area: qualche tirata d'orecchie se la merita invece ancora Matri, sprecone su un assist di Vidal e visibilmente angosciato per non riuscire più a vedere la porta come qualche tempo fa. Risultato: il gol decisivo lo ha segnato il Pendolino svizzero, ovvero quel Lichtsteiner che avrebbe anche potuto non giocare se Isla non avesse accusato un problema fisico alla vigilia. Segni del destino, forse. O segno che davvero in casa Juve stanno quasi tutti bene e che alla fine poco importa se la palla la butta dentro l'uno o l'altro: «Ho visto grande maturità e voglia di fare la partita - ha aggiunto Conte -. Abbiamo dominato la partita in modo netto, i miei calciatori non dimenticano da dove arrivano e questo ci può far migliorare. Il mercato? Non ne parlo, io sono al fianco di questi ragazzi». Per di più la vittoria è arrivata dopo la faticaccia di Champions contro lo Shakhtar dimostrando subito che il ko contro il Milan, giunto dopo avere battuto il Chelsea, è stato un episodio: «Oggi abbiamo dimostrato di essere una grande squadra, ma non so se lo siamo davvero». Adesso mente sapendo di mentire, ma va bene così.
E va bene anche che Bonucci chieda scusa via twitter per il gol mangiato nel finale - dopo che il Palermo, comunque timido per gran parte del match, era rimasto in dieci per l'espulsione di Morganella - e per la simulazione con giallo incorporato: «Dovevo tirare e invece le idee mi hanno inceppato. Giusta l'ammonizione, brutto esempio. Mi serva da lezione». Si cresce anche così. Se poi nel frattempo vinci, meglio ancora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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