È morto Carlo Mazzone

Carlo Mazzone, mister 792 panchine in serie A, era noto la simpatia e la capacità di tirar fuori il meglio dalle 'squadrette' di provincia

È morto Carlo Mazzone

“Io sono come Trap, solo che i miei scudetti sono le salvezze”. Carlo Mazzone, mister 792 panchine in serie A, rinomato per la sua autoironia e la sua concretezza, è morto oggi all'età di 86 anni. In occasione della prima giornata di Serie si terrà un minuto di silenzio in ricordo del tecnico romano.

Gli esordi di Mazzone sulla panchina

Mazzone, nel 1959, all’età di 22 anni, dopo una stagione trascorsa col Latina, fa il suo esordio in serie A come centro-mediano con la Roma. L’anno successivo viene ceduto alla Spal e poi passa al Siena, squadra che all’epoca militava in serie C. Conclude la sua carriera calcistica nell’Ascoli dove, in 9 anni, gioca 221 partite con la fascia da capitano. Nella stagione 1968-1969 inizia lì la sua carriera da allenatore e vi rimane fino al 1975, riuscendo a vincere due promozioni e a portare così i bianconeri ascolani nella massima serie.

A metà anni ’70 Mazzone trascorre tre stagioni sulla panchina della Fiorentina, squadra con la quale vince nel ’75 la Coppa di Lega Italo-Inglese e ottiene il terzo posto nel campionato 1976-1977. È in questi anni che allena Bruno Beatrice, calciatore deceduto nel 1987 per una leucemia che, secondo una perizia, avrebbe contratto dopo che una pubalgia gli era stata curata con raggi Roentgen. Per questo Mazzone finisce sotto indagine della procura di Firenze che, nel 2009, archivia il caso, ormai caduto in prescrizione. “Arrivai a Firenze che avevo solo 38 anni, ero un tecnico emergente che i raggi roentgen non sapeva neppure cosa fossero. Solo 20 anni fa ne ho conosciuta l’esistenza. Non ho mai interferito con le scelte dello staff medico, se lo avessi fatto non sarei stato un buon allenatore, a Coverciano ci insegnano la tattica non la medicina”, dichiarò all’epoca il ‘Sor Carletto’, così come ormai veniva simpaticamente apostrofato nell’ambiente calcistico.

Dopo la Fiorentina Mazzone va ad allenare il neopromosso Catanzaro con cui raggiunge la salvezza sia nel 1979 sia nel 1980, prima di tornare all’Ascoli dove resta per ben 5 stagioni. Nel capoluogo marchigiano si toglie la soddisfazione di ottenere uno storico sesto posto nel campionato 1981-1982, oltre a quattro salvezze consecutive. Nel 1985-’86 guida il Bologna in Serie B e, poi, passa al Lecce che riesce a portare nella massima serie. Qui allena un giovane Antonio Conte che“a quei tempi non stava bene fisicamente” e “io lo aiutai a riprendersi e suggerii a Boniperti il suo acquisto”, rivelerà parecchi anni dopo. Nel 1991, una volta lasciato il Pescara, per Mazzone arriva la svolta: l’approdo al Cagliari che, nel giro di due anni, si piazza al sesto posto e si qualifica per la Coppa UEFA.

Mazzone, il coach che lanciò Francesco Totti

È grazie a quest’ottima performance degli isolani che Mazzone riceve la chiamata dalla Roma, la sua squadra del cuore. “M’avete dato una Formula 1, sì: ma con le ruote sgonfie”, dirà una volta terminata la sua esperienza con i giallorossi che, nei suoi tre anni di panchina, ottiene dei risultati abbastanza scarsi (due volte quinti e una volta settimi). Francesco Totti deve il suo esordio in serie A proprio al ‘Sor Carletto’ con il quale ebbe sempre un ottimo rapporto.“Nel mio periodo sulla panchina della Roma Totti mi ha dato grandi soddisfazioni. Io ho avuto da subito la sensazione che fosse uno dei migliori, ma l'ho nascosto, non ho avuto pubblicamente grandi slanci nei suoi confronti: Roma è una città molto difficile calcisticamente e ho sempre avuto l'istinto di difenderlo, tenendo per me le idee che avevo su di lui”, dirà Mazzone in occasione dei 20 anni di carriera del ‘Capitano’. Nel 1996 Mazzone torna a Cagliari ma non riesce a salvare gli isolani dall’incubo retrocessione, mentre l’anno dopo a Napoli va persino peggio dal momento che consegna le sue dimissioni a sole quattro gare dall’inizio del campionato. Nel ’98 la ruota gira nuovamente a suo favore: a Bologna vince l’Intertoto e porta i rossoblu alle semifinali di Coppa UEFA e di Coppa Italia. Poi è la volta del Perugia del fumantino Luciano Gaucci, un presidente che cambiava spesso allenatori nel corso della stagione ma che, per ‘Carletto’, farà un’eccezione.

Gli anni al Brescia e il rapporto con Roberto Baggio

Nel 2000 siede sulla panchina del Brescia dove proprio quell’anno arriva Roberto Baggio il quale fa mettere nero su bianco una clausola che gli consente di rescindere il contratto qualora Mazzone cambi squadra. Con Baggio in attacco e Andrea Pirlo come regista di centrocampo il Brescia nel 2001 sfiora la qualificazione alla Coppa UEFA, battuto in finale dell’Intertoto dal Paris Saint-Germain. Il 30 settembre di quello stesso anno, in occasione del pareggio contro l’Atalanta, agguantato grazie a un gol di Baggio, Mazzone corre sotto la curva dei tifosi bergamaschi in segno di sfregio. Un gesto che gli costa una squalifica di 5 giornate.

La stima dei suoi giocatori, però, non mancherà mai. Baggio gli sarà sempre grato:“Mi ha dato, credendo ancora in me, la possibilità di vivere quattro anni in più di calcio, anni belli, pieni di significato. È una persona schietta, sincera, in un mondo in cui spesso vanno avanti i ruffiani, i leccaculo, gli opportunisti”. Pep Guardiola, altro campione che Mazzone ebbe l’onore di allenare al Brescia, nel 2009, pochi giorni prima della finale di Champions tra il suo Barcellona e il Manchester United lo chiama per invitarlo a vedere la partita dalla tribuna. Ma non solo. Al termine del match l’allora tecnico dei blaugrana dichiara:“Vorrei fare una dedica per questa vittoria al calcio italiano e al mio maestro Mazzone: sono orgoglioso di averlo avuto come tecnico”.

Le ultime due esperienze come allenatore sono state a Bologna (2003-2005) e a Livorno nel 2006. Nel corso della sua carriera Mazzone ha allenato alcuni campioni ma non ha mai avuto degli ‘squadroni’ e, perciò, come disse una volta, si è dovuto adattare: “Io ho sempre fatto un calcio che chiamo ‘di conseguenza’. Mi spiego: il grande cuoco dà il meglio di sé preparando il grande piatto con quello che ha. Se avevo gente che sapeva giocare, giocavamo. Se avevo gente di corsa, si correva... Non puoi fare il 4-4-2 a prescindere se non hai gli esterni d’attacco. Ma poi quelli che inventano il calcio sono altri...”. Subito dopo lo scoppio del caso Calciopoli, invece, si troverà costretto a dover negare di aver avuto un procuratore della Gea: “Ho sempre detto che un allenatore non deve avere un procuratore. In tutti i miei 39 anni di sana professionalità, da un giorno all'altro mi sento messo in discussione sul piano morale. È un fatto gravissimo”.

Due anni più tardi appare nel film L'allenatore nel pallone 2, accanto a Lino Banfi ma, una volta uscito di scena dal mondo del calcio, decide di trascorrere la sua vecchiaia ad Ascoli insieme alla moglie Maria Pia, ai figli Alessio e ai nipoti.

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