Il Qemal Stafa Stadium di Tirana, nel cuore del quartiere Blloku, l'ex salotto di Enver Hoxha, era in condizioni talmente imbarazzanti da convincere la federcalcio albanese a costruirne uno nuovo di zecca a Elbasan, a 35 chilometri dalla capitale. A distanza di sicurezza da ciò che questa sera (20.45) potrebbe accadere prima, durante o dopo la sfida con la Serbia, valida per le qualificazioni a Euro 2016. Il derby dei Balcani è fuoco rovente, retaggio di quanto accadde a Belgrado lo scorso ottobre, quando Ismail Morina fece volare sullo stadio di Belgrado il drone con i simboli della Grande Albania. I volteggi del drappo scatenarono l'ira dei tifosi serbi, alcuni dei quali invasero il campo aggredendo i calciatori albanesi. La partita venne sospesa e a luglio il Tas di Losanna assegnò la vittoria a tavolino alla squadra di Gianni De Biasi. Per la cronaca all'Elbasan Arena non ci sarà Morina, diventato nel frattempo una sorta di idolo nazionale, soprattutto per i giovani albanesi, con migliaia di contatti sui social. La polizia di Tirana l'ha fermato per bagarinaggio, ma si tratterebbe di una misura preventiva per tenerlo lontano dallo stadio. L'impianto verrà sorvegliato da circa 2mila poliziotti e da un centinaio di uomini dei servizi segreti. Mentre l'esercito si occuperà di pattugliare la strada che collega l'aeroporto «Madre Teresa» allo stadio e che sarà a disposizione in via esclusiva del team di Belgrado (ma non quella verso l'hotel e infatti ieri il pulmann serbo è stato preso a sassate). Tutti a garantire il normale svolgimento di una partita di pallone che va oltre il confronto sportivo per inserirsi in un contesto di odio e di guerre. Le autorità hanno lanciato appelli alla calma. Aleksandar Vucic, primo ministro serbo, non ha ancora deciso se sarà presente. Di sicuro lo stadio è off limits per i tifosi ospiti. «In gioco c'è l'immagine del Paese», ha dichiarato il premier albanese Edi Rama. Ma c'è anche la qualificazione a Euro 2016. In caso di vittoria infatti l'Albania scavalcherebbe la Danimarca volando verso Parigi. Sempre per questioni di riconoscimenti territoriali la Fifa ha posticipato la sfida tra Palestina e Arabia Saudita, valida per le qualificazioni mondiali.
La squadra guidata dall'ex ct dell'Olanda van Marwijk si è rifiutata di recarsi in Cisgiordania. I sauditi, assieme ad altri paesi arabi, non riconoscono Israele e il fatto di attraversare un check-point israeliano per andare a Ramallah non viene neppure preso in considerazione dal governo di Riyadh.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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