"Alessandro ad Atene giocherà a casa mia E sa cosa significa..."

Il padre compie 50 anni, il figlio ricalca la sua strada da Milano al Panathinaikos

"Alessandro ad Atene giocherà a casa mia E sa cosa significa..."

Cinquant'anni, all'improvviso. Per noi, non per Nando Gentile, che li compie proprio il primo dell'anno. È spuntato all'attenzione di tutti una vita fa, nel 1983, alla stagione di debutto della Juve Caserta in Serie A, e ora valica il traguardo di mezzo secolo di esistenza e oltre trent'anni di pallacanestro. Guardando indietro con soddisfazione, e avanti con divertita perplessità: «Se penso a quello che ho vissuto dai 20 anni a oggi e che ne sono passati velocemente 30, mi chiedo se avrò altrettanto tempo davanti. E come? A 80 anni ci sarò ancora? Mi sembra ieri che speravo di diventare presto maggiorenne per poter prendere la patente...».

Lo spirito, l'espressione e la vivacità sono sempre quelli dell'esordio, adattati al tempo che passa («qualche acciacco c'è, per via del lavoro che ho fatto»), un esordio che è stato seguito da una carriera brillante in Italia e all'estero. Per la precisione in Grecia, al Panathinaikos, dove da pochi giorni gioca Alessandro, uno dei due figli, in prestito dall'EA7 Milano. «È curioso che sia andato proprio lì, ma fino a un certo punto. Il presidente attuale (Dimitrios Giannakopoulos, ndr) è figlio di quello dei miei tempi, il team manager è Fragiskos Alvertis che giocava con me, nello staff alcuni sono gli stessi. In Grecia nella gestione sono un po' come nel sud Italia, insomma una famiglia... Poi, contrariamente a quel che molti hanno detto, il coach Xavi Pascual aveva cercato Alessandro già quando era al Barcellona. Ora lo ha avuto al Pana e vedremo. È tra l'altro la prima volta che Alessandro è proprio da solo in una città e oltretutto a stagione in corso, perché a Treviso e Milano ha sempre avuto noi vicini».

Nel passaggio a campione sull'arco di due decenni e mezzo di basket, dal campo alla panchina, a padre di due giocatori (l'altro è Stefano, classe 1989, 20' di media in campo a Reggio Emilia), il suo spirito attaccato alle radici cestistiche e personali, casertane, si è adattato ai tempi e ai modi: ha lasciato tracce importanti a Trieste e Milano, dove ora è tornato come responsabile del settore giovanile, un compito importante, a tempo pieno, in cui cerca di replicare quello che per lui fu, oltre 30 anni fa, l'insegnamento di Bodgan Boscia Tanjevic, il coach che lo lanciò 15enne e con il quale è sempre in contatto. «Boscia ora, con la scomparsa di Aza Nikolic, è diventato per tutti Il Professore. Per me è stato come un padre, la persona a cui rivolgersi per ogni tipo di dubbio. E ora io cerco di fare altrettanto con i ragazzi delle giovanili. Anche se non alleno i gruppi bensì alcuni singoli, sono il tramite con i vari allenatori e genitori. Ed è un ruolo delicato: tutti vedono nel loro figlio un campione, e sta a me cercare di motivarli senza ammazzarli nelle loro convinzioni».

Esperienze irripetibili («in squadra eravamo in pratica tutti casertani compreso Dell'Agnello che lo stava diventando, più due americani») come le finali e lo scudetto del 1991 a Caserta, lo scudetto milanese del 1996, i tre titoli greci e la splendida Eurolega del 2000 nella finale di Salonicco, «ricordi bellissimi mescolati anche alle sconfitte e ai momenti meno positivi».

Ricordi che in famiglia si sono concretizzati poco alla volta: solo crescendo, infatti, Stefano e Alessandro si sono resi conto di quello che era stato il padre. «Quando sono tornato ad Atene e in 10.000 si sono alzati ad applaudirmi, Alessandro ha avuto proprio la consapevolezza di quello che ero anche lì».

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