Altro che Monza Il made in Italy sfreccia a Misano

Altro che Monza Il made in Italy sfreccia a Misano

È perché Misano viene subito dopo il Gran premio d'Italia, Monza, F1 e dintorni, che il confronto risulta così impietoso. È perché domenica scorsa abbiamo vissuto il nuovo allungo mondiale dell'italiana Ferrari guidata dallo spagnolo Alonso, gestita dall'italiano Domenicali, presieduta dall'italiano Montezemolo, ma senza nostri piloti nel suo futuro tanto più che di piloti italiani non ce ne sono proprio in F1. Non accadeva dal 1969. Via, nell'ordine, Fisichella e poi Trulli e poi Liuzzi, ecco il vuoto, ecco la vergogna di autoproclamarci patria dei motori e non avere uno dei nostri a giocarsela.
Tutto salta all'occhio perché c'è stata Monza e adesso c'è Misano che, invece, grazie al dio dei motori, i piloti italiani in pista li ha benché non siano più le vacche grasse e talentuose di un tempo. Misano circuito che più italiano non si può anche se per ragioni di calendario e patrocinatori si chiama Gran premio di San Marino. Misano tricolore tanto più che si trova nel cuore della Romagna in cui è cresciuto il Dottor Rossi. La Romagna di Dovizioso, la Romagna del povero Simoncelli. Misano più italiano, motoristicamente parlando, persino del Mugello, visti i natali di chi piega e sgasa.
È per questo che il confronto fra i due movimenti motoristici diventa oggi impietoso. Un confronto che va al cuore del problema. Pensiamoci, pensateci. In aria di F1 c'è solo il bravo Davide Valsecchi in testa alla Gp2 che fra due domeniche a Singapore potrebbe laurearsi campione. Come fu per Hamilton, come fu per Maldonado che ora sguazzano fra i big e quindi, chissà, speriamo sia per lui di buon auspicio per il domani. In effe uno ci sarebbe anche il bravo Luca Filippi che si arrabatta ma sarà durissima per lui. E c'è quel Davide Rigon che ha provato la Ferrari ma sappiamo tutti benissimo che prima di ritrovarsi al volante di una monoposto da Gp ne passerà davvero del tempo.
Nel moto mondo, invece, per di più in un periodo disgraziato quanto a soddisfazioni sportive e risorse da investire, la pattuglia italiana c'è, non molla, segno di un movimento che non ha nessuna intenzione di sgonfiarsi anche se non sono più i fasti di un tempo e la preoccupazione comunque resta grande. È infatti un attimo andare col pensiero agli anni meravigliosi in cui sbocciavano talenti come pop corn dentro il micro onde. Non sono più quelli. Non ci sono in giro nidiate stile Lucchinelli, Uncini, Chili, Reggiani, Cadalora, Gresini, Capirossi, Biaggi, Rossi, Melandri, Dovizioso, Simoncelli. Però ci sono due piloti, un fuoriclasse in cerca di se stesso di nome Rossi, un buon pilota speranzoso di nome Dovizioso, che si scambiano la moto, uno torna in Yamaha e l'altro va in Ducati ed è un'Italia che si incrocia, che nel mondo dell'impennata c'è, resta abbondante, è buon segno. Come nel Circus quando c'erano i Patrese, gli Alboreto, i Fabi, i Giacomelli, mica erano Senna ma c'erano. Una vita fa. Nel motomondo c'è ad esempio Iannone che arriva sulla Rossa satellite, c'è Mattia Pasini. Nelle Crt, le MotoGp derivate dalla serie, c'è Michele Pirro, c'è Danilo Petrucci che debutta sulla Suter-Bmw, c'è nella Moto3 Romano Fenati che comunque fa il suo e ieri era primo nelle libere uggiose e tormentate.
In questo festival dell'italianità motoristica che è Misano, c'è anche e soprattutto lui: il ricordo del Sic a quasi un anno dalla sua tragica scomparsa in Malesia. Marco nel nome del circuito che ora si chiama Simoncelli, Marco pensando a casa sua, a Coriano, pochi chilometri più in là.

Marco negli eventi di beneficenza organizzati in questi giorni, Marco e il suo sorriso capellone a rammentarci che se il motociclismo italiano sembra guardare al futuro sempre ricco di nomi ma stavolta un po' più povero di talento è perché lui se n'è andato. All'improvviso.

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