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Aru, campione disperso. Saronni: "Crollo mentale". I retroscena di una crisi

L'iridato manager nel team di Fabio: "Non era da Tour, lo dicevo ma gli scienziati dei numeri..."

Aru, campione disperso. Saronni: "Crollo mentale". I retroscena di una crisi

Nella vita e nello sport in particolare si vince e si perde, ma le cose si complicano quando non si vede una via d'uscita. Quando ci si chiude in sé stessi dietro ad una porta e si fatica ad uscire. Quando provano a spiegarti certe cose e tu non senti, non ascolti, perché non ci sei, perché sei convinto che tu sia quello là, ma quello là non lo sei più da tempo, da anni, da almeno tre stagioni. Come Fabio Aru, ieri, dopo il ritiro dal Tour. «Non so proprio cosa mi stia succedendo, non ho risposte e questo mi fa soffrire... mi ero avvicinato al Tour in punta di piedi, ma conscio di aver lavorato bene... Anche parlando col medico della squadra, avevo sensazioni crescenti, ero fiducioso e ora sono qua, a terra, senza capirne il motivo. Non mi merito questo e neppure la squadra...».

È la triste parabola sportiva del campione sardo, che ha chiuso la porta del Tour salendo su un'ammiraglia per tornare a casa. L'ennesima uscita di scena, dopo una prova incolore. Mancano le gambe, manca il cuore, ma a sentire le parole che Giuseppe Saronni, vincitore di due Giri d'Italia, di una Sanremo e di un mondiale e oggi figura di riferimento della UAE Emirates, la formazione che ieri ha festeggiato la vittoria al Tour del talento Tadej Pogacar, 21 anni e un futuro radioso tutto da scrivere, non danno adito a dubbi. Saronni ai microfoni della Rai parla come è solito fare: con assoluta chiarezza. «Fabio Aru non aveva la condizione che lui, che noi e i suoi compagni di squadra ci aspettavamo che avesse spiega telefonicamente . Ci aspettavamo che almeno avesse la forza e la voglia di aiutare un corridore importante come Tadej Pogacar, che è lì a lottare per la vittoria del Tour de France, invece ha preferito tornarsene a casa».

Un Aru che ha gambe deboli, ma ciò che preoccupa è la testa: «È un crollo mentale, che rende tutto più difficile e complicato prosegue Saronni -. È chiaro che ha un problema mentale e caratteriale. Quando fisicamente e muscolarmente un atleta si trova a soffrire, alcuni trovano la lucidità e la forza per reagire, Fabio, invece, non fa così. Sotto l'aspetto del carattere non è fortissimo. Nella difficoltà non si dà coraggio, lui purtroppo crolla mentalmente e moralmente e rende tutto più difficile». Poi però allarga anche gli orizzonti e non si ferma solo ad Aru, che in ogni caso è bene ricordare da tre anni percepisce un compenso di oltre 3 milioni di euro a stagione e un anno fa è stato operato all'arteria iliaca femorale. «Quando tu hai un corridore che non è in condizione non lo porti al Tour. Se lo porti, chi ha deciso dovrà risponderne». Per la serie: non è colpa solo di Aru.

E qui entriamo in gioco noi, che alla vigilia del Tour abbiamo incontrato Saronni a Magnago, in provincia di Varese, quartier generale del team emirato. Quel giorno l'oro di Goodwood ci confidò di aver avuto due giorni prima della partenza per la Francia un incontro piuttosto duro con Aru, Fernandes, capo delle performace del team, oltre che con lo staff medico e dei preparatori. «Ho detto la mia ribadisce Saronni -: Fabio non doveva andare al Tour, non sarebbe stato utile alla squadra. Lo si stava mandando allo sbaraglio. Fabio ha ribadito il desiderio di esserci, e dal tecnico ai grandi scienziati del gruppo, si sono schierati con il ragazzo, motivando la scelta sulla base dei numeri. I numeri ci dicono E io a spiegare loro che i numeri danno indicazioni e vanno interpretati e ad ogni modo io solo a guardare i suoi occhi vedevo un ragazzo stanco e perso: non pronto. Lo si vedeva ad occhio nudo, e l'ho detto.

Hanno preferito dar retta a dei numeri». PAS

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