
C' è altro, non soltanto un rigore o una ripartenza. C'è improvvisamente altro, nel calcio. La notizia del male che ferisce Franco Baresi, la morte di Jorge Costa, capitano del Porto campione d'Europa. C'è altro, non soltanto zero tituli. Josè Mourinho, asciugandosi appena una lacrima, ha mormorato che la scomparsa di Jorge Costa significa che "una parte di me se ne è andata via". C'è questo nel gioco del football così affollato di emozioni, strilli, volgari trucchi, riaffiora tutto quello che non vogliamo o non sappiamo conoscere, i fili scoperti della pelle sensibile, il tumulto di pensieri, la debolezza o fragilità della vita, diverse dall'alterigia e dalla spavalderia mostrate in campo. Basta riflettere ma chi aiuta a fermarci per questa pausa delle parole? Non certamente gli attori della recita, calciatori, allenatori, dirigenti ma mettiamoci anche il nostro apporto e supporto, complice, omertoso.
Dunque Franco Baresi e Jorge Costa, come Matteo Materazzi e Gianni Trapattoni e Marcello Lippi, compagni di avventura, sodali e rivali ma infine figure di profilo, ombre allontanate, sullo sfondo, diverse e uguali, immagini di esistenze che hanno scoperto l'imprevedibile, il dopo, non si può sfuggire, non si può fuggire e noi con loro; spunta il silenzio rispettoso dopo il chiasso sguaiato, affiora il senso di colpa, un passo di lato, ansia, buio. Oscar Wilde aveva giustamente ricordato che la vita è tutto quello che accade mentre ci stiamo occupando d'altro. Passano nuvole grigie. Ma, oggi stesso, aspettiamo il fischio d'inizio.