
Ettore Messina e l'Armani restano elegantemente sulla scena tenendo un pugno di mosche. Il grande allenatore pensava che fosse più facile cambiare giocatori sbagliati, purtroppo scelti da lui, che se stesso. Gli è andata male. Fuori da tutto, dopo l'Eurolega, dopo aver lasciato la coppa Italia a Trento, eccolo ai piedi della grande nemica Virtus, respinto sulla porta del giardino scudetto che negli ultimi tre anni gli aveva permesso di far dimenticare le delusioni più grandi nell'Europa che intrigava moltissimo società e proprietà. Stagione balorda cominciata vincendo la supercoppa, ma perdendo Nebo, il centro di gravità che non ha più avuto in stagione per una serie di infortuni, un anno di tormenti dove soltanto lui, meritatamente, può congedarsi sapendo che la proprietà gli darà ancora fiducia, dove soltanto lui, arrogantemente, ci dice che qualcosa di quello che ha seminato resterà. Non sappiamo cosa. Non certo il gioco della squadra se è vero che sta già pensando a nuovi piloti, tipo il giovane Ellis di Trento, il veterano Guduric che, aiutato da Melli e Hall, due che Milano dovrebbe davvero rimpiangere, ha appena vinto l'Eurolega con il Fenerbahce. Dispiace processare chi ha perduto, sono giorni tremendi per tutti, da Spalletti al Messina che ha mille trofei da mostrare e tanti record. Giusto che Armani gli dia fiducia, ma per rispetto. Vero che l'allenatore-presidente ha dato qualità al lavoro in società, peccato che il gruppo italiano, anche questa volta, sia diventato soltanto una ciurma infelice. Basket che congeda la società con più scudetti e offre alla Virtus la possibilità di arrivare al 17° titolo, ma prima dovrà battere Brescia, alla prima finale per il titolo, la squadra del Beppe Poeta, vice di Pozzecco in Nazionale.
Virtus ribaltata in piena stagione, diventata squadra seguendo Dusko Ivanovic, un altro della scuola slava che, non per caso, ha fatto deragliare il treno dell'Armani. Virtus e Brescia cominceranno giovedi sera la sfida scudetto a Bologna.