Milano - Dal Milan che non ti aspetti, bello e sfor5tunato, una sconfitta immeritata. Dura, durissima da capovolgere a metà marzo, nel ritorno al Calderon di Madrid. Dall'Atletico che non ti aspetti, tutto rinchiuso nella sua metà campo, un successo sgraffignato con un colpo del suo conclamato eversore, Diego Costa, a pochi rintocchi dal finale. È da applausi, i primi, veri, meritati, il Milan di Seedorf, capace di apparecchiare calcio raffinato, fa invece una pessima impressione l'Atletico e risulta curioso che dalle sue parti possa incutere timore o addirittura paura al Barcellona e al Real Madrid. Si difende, e anche male, nella prima parte, aggiusta la serratura nella ripresa e passa con un colpo di testa, da un angolo, raccogliendo una deviazione sciagurata di Abate. Così è la vita, così va il calcio anche quando c'è di mezzo la Champions che pure dovrebbe premiare il merito. Kakà per un tempo, Taarabt per tutti e due, anche l'assaltatore Poli mettono a ferro e fuoco la metà campo spagnola ma senza cogliere frutto. Anche questa è una durissima legge del calcio: chi spreca, chi sbatte contro palo e traversa, alla fine resta uccellato.
È la magia della musichetta? Risposta scontata e banale. I consigli, preziosi, del presidente? Molto probabile. La consapevolezza di dover approntare un sistema di gioco diverso per non finire tra gli artigli dell'Atletico? Sicuro. Certo è che il miglior Milan della stagione e della brevissima era Seedorf coincide, non certo a caso, con la modifica geometrica dello schieramento grazie ai generosi recuperi di Taarabt, alle coperture di Poli e alle due sentinelle di centrocampo, De Jong ed Essien, che non concedono spazi vitali agli spagnoli. La vituperata difesa presta l'attenzione delle serate migliori, Bonera s'avventura persino nel comandare un paio di fuorigioco che depongono a favore di una lucidità ritrovata. Lo spettacolo, questo sì, è di gran qualità ed è tutto esclusivo merito del Milan che si guadagna, nella prima frazione, qualcosa di più del vantaggio, scorticando la traversa col sinistro di Kakà, oppure chiamando il portiere Courtois a una prodigiosa deviazione sul palo del colpo di testa di Poli, e infine meritandosi un rigore con Poli spostato in area in modo vistoso. Ed invece Balotelli e i suoi restano inchiodati allo zero nonostante una prova che ruba l'occhio e restituisce, per incanto, un po' del passato. All'Atletico non restano che le briciole di giocate rare, la più pericolosa delle quali è una deviazione in angolo di Abate (entrato al posto di De Sciglio messo ko da un malefico Koke) sull'accorrere di Diego Costa.
L'intervallo consente a Simeone di ripristinare qualche meccanismo smarrito, specie a centrocampo, e di guadagnare qualche metro di vita nel tentativo di liberarsi dalla presa milanista che riprende vigore nella ripresa e vive degli spunti di Taarabt, delle punizioni di Balotelli, costretto a farsi da parte nel finale per un colpo alla spalla destra (omaggio di uno dei tanti interventi duri), al suo posto Pazzini. La resa, con la stanchezza intervenuta, non è più quella iniziale, del calcio spumeggiante ammirato non c'è più traccia e può bastare un angolo superfluo concesso da Emanuelson agli spagnoli per assistere alla beffa crudele. E cioè al sigillo di Diego Costa, il morso del serpente, appostato solo soletto sul secondo palo, e pronto a trasformare in gol un rinvio maldestro (di testa) di Abate. È il castigo più pesante nella serata più ispirata, lo sgambetto della sorte dopo traversa e palo centrati nel primo tempo.
Immeritato eppure maturato quando la difesa ha perso la bussola e il controllo del fortino di Abbiati. A questo punto la qualificazione è tutta nelle mani dell'Atletico cinico e spietato: può disporre comodamente del ritorno nel suo stadio. La Champions è anche questa, qualche volta matrigna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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