Eccolo il nuovo Milan secondo Silvio Berlusconi. Chi vuol lieto esser sia, del doman ora v'è qualche certezza in più. E non c'entrano tanto Alex, ieri salutato (dialogo in francese tra il nuovo arrivato a il presidente), visite mediche superate e contratto firmato fino al 2016, oppure Menez in arrivo la prossima settimana a Milano per compiere lo stesso tour. No.
Qui c'entra la visita, prima in assoluto, di Silvio Berlusconi al gioiello della nuova sede al Portello, avvenuta nel pomeriggio di ieri, occasione simbolica per disegnare, dinanzi al plotone di telecamere e taccuini e un folto gruppo di tifosi, l'identikit del prossimo Milan. «Lo voglio forte, giovane, italiano, possibilmente capace di esprimere la terra in cui siamo, la Lombardia» la sintesi berlusconiana che è qualcosa di più di una semplice indicazione tecnica. Anche perché, e si tratta di una sua confessione, è nata nelle pieghe della recente finale di coppa Italia, «ho avuto un cauchemar (un incubo, ndr) quando la sera dei disordini a Roma si celebrava la finale di coppa Italia e c'era in campo un solo italiano (in effetti erano 3, ndr) su 22, ho pensato che difficilmente si poteva chiamare coppa Italia, più facilmente era una coppa internazionale» la riflessione a voce alta. Eccolo allora il nuovo Milan, chiamato subito, giocando solo il campionato, ad «aprire un nuovo ciclo» che è poi il massimo delle aspirazioni in tempi di dittatura juventina. Che si tratti della esplicita missione affidata ai due ad del club e non di una semplice affermazione da campagna elettorale, è provato dal suggerimento passato alla figlia Barbara, regista della magnifica sede di via Aldo Rossi («le ho detto di provvedere ad aprire un'altra sala per le coppe future») e che ha ricevuto la pubblica e solenne lode per il lavoro svolto, «peccato non possa scendere in campo» il rimpianto del presidente-papà, orgoglioso del lavoro fatto.
«Emozionante» la visita da cui Silvio Berlusconi ha ricavato «l'imperativo categorico» per un Milan incaricato di tornare a vincere «in Italia, in Europa e nel mondo» secondo quel precetto affidato in una sala del castello di Pomerio tantissimi anni fa. Allora, dixit Costacurta, molti pensarono: «Questo è matto». Allora, come oggi, lo penseranno ancora in tanti. Specie dinanzi all'informazione passata sui giovani talenti allevati dal Milan in questi mesi, «ragazzi nati nel '96, '97 e '98 tra cui ci sono straordinari campioni» il giudizio con riferimento non esplicito ma riconducibile al baby Hachim Mastour, appena promosso in prima squadra nel finale di stagione. Forte, giovane, italiano e con un allenatore che adesso ha la pubblica benedizione del suo presidente, Filippo Inzaghi. Senza offrirsi a pietose bugie, Silvio Berlusconi non ha fatto mistero degli incontri con il tecnico designato.
«L'ho trovato molto determinato, direi affamato di vittorie, coerente con quello che deve fare il Milan, e cioè vincere, convincere col gioco, affrontare in modo leale gli avversari e divertire il pubblico con lo spettacolo», lo schema inventato una notte di giugno, ad Arcore, con Arrigo Sacchi allenatore appena scoperto in provincia, a Parma. Una sola parentesi dedicata a Clarence Seedorf, «non parliamo del passato, è alle spalle» e per il quale non ha escluso di riuscire a trovare «soluzioni» che qui sta per comrpomesso, negoziato, trattativa insomma sui due stipendi da liquidare.
L'ultimo tassello è quello dedicato a Mario Balotelli, il cui nome viene speso in lungo e in largo senza trovare una sola sponda credibile e attendibile. Resta Balotelli?, hanno chiesto al presidente. E la risposta è di quelle che non possono lasciare spiragli. «Credo di sì, sperando che impari a fare il centravanti» che è poi il tormentone degli ultimi tempi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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