Marcello Di Dio
Senza un leader capace di prendersi la squadra sulle spalle, senza un ct (Di Biagio traghetterà la Nazionale fino a domani e poi dal 20 maggio lascerà il posto a uno tra Ancelotti e Mancini) e al momento anche senza un bomber. Quello zero nella casella dei gol segnati nelle ultime tre gare ci riporta indietro di quasi sei anni: simile la striscia dell'Italia di Prandelli nelle amichevoli pre-Europei nei quali poi arrivammo comunque in finale. E negli ultimi quattro primi tempi giocati contro l'Albania, nel doppio playoff con la Svezia e con l'Argentina, abbiamo fatto solo tre tiri (a Manchester il primo è arrivato addirittura al 60'!).
Partendo dall'infausta notte del Bernabeu del 2 settembre scorso, quella che ha iniziato la dolorosa discesa all'inferno della nostra Nazionale, gli azzurri hanno realizzato appena tre reti, uno solo di un attaccante (Immobile, gli altri di Chiellini e Candreva). Nello stesso lasso di tempo e numero di gare (sette) le grandi nazionali, tranne l'Inghilterra, sono arrivate in doppia cifra. Tradizionalmente non siamo mai stati una Nazionale da goleade: guardando le ultime rappresentative azzurre, quella di Lippi - pure campione del mondo - si fermò a tre quaterne con Bielorussia (2) e Germania (quattro con quella alla Nuova Zelanda nel secondo ciclo del tecnico viareggino); con Donadoni non siamo mai andati oltre i tre gol segnati in una gara; con Prandelli l'apice sono le cinque reti alle Far Oer, poi tre quaterne a San Marino, Giappone e Brasile; Conte si fermò ai tre gol con l'Azerbaigian; Ventura vanta nove gol in due gare con il Liechtenstein (la Spagna ne ha fatti sedici!), un terzo di quelli segnati nelle altre 14 partite con la guida del ct genovese. Ma oggi siamo davvero ai minimi termini realizzativi, colpa anche di mancati rifornimenti alle punte di una squadra che gioca spesso a ritmi bassi e con una manovra prevedibile.
Non abbiamo più Vieri, Toni, Inzaghi, tanto per citare numeri nove dell'era moderna che in azzurro hanno fatto faville. Immobile, che pure è in corsa per la Scarpa d'Oro insieme a gente del calibro di Cristiano Ronaldo e Messi, in stagione ha già timbrato 34 volte il cartellino, segnando con una media di un gol a partita, ma in azzurro è fermo a sette reti in 31 presenze, cinque delle quali realizzate nel primo anno di Ventura. Il suo sostituto Andrea Belotti, una volta compagno di reparto e ora non più compatibile con Ciro nel nuovo modulo con il tridente, sta vivendo una stagione negativa (appena nove le reti segnate): 14 gettoni in azzurro, quattro centri, tre dei quali al Liechtenstein. Il granata è in pole per giocare domani con l'Inghilterra. In molti invocano il ritorno di Mario Balotelli, assente dal giugno 2014 e dalla sciagurata notte mondiale di Natal che condusse al dopo Prandelli, visto che cinque mesi più tardi lasciò il ritiro del gruppo di Conte. La punta del Nizza (13 gol in 33 presenze azzurre) è a quota 22 reti in 31 gare dell'annata, ma paga la sua fama di giocatore poco avvezzo al sacrificio e il suo procuratore Raiola, sempre «pronto» a invasioni di campo e dichiarazioni fastidiose. Le altre alternative sono Simone Zaza (12 gol in Liga con il Valencia, ma mai convocato nel dopo Conte) e Manolo Gabbiadini, che ha vissuto l'azzurro a singhozzo e nel Southampton ha segnato molto poco (appena 4 gol nel 2017-18).
Senza dimenticare Bernardeschi, c'è l'Insigne dei 13 gol stagionali che si è fermato a un gol al Liechtenstein nel giugno 2017, appena il terzo in azzurro in 22 gare.
Candreva a parte, gli altri attaccanti convocati da Di Biagio (Chiesa, Cutrone e Verdi) sono invece agli albori della loro avventura azzurra e portano in dote 27 reti stagionali, quindici delle quali del baby milanista, protagonista anche in Europa. Insomma, un panorama non certo confortante con cui dovrà fare i conti il nuovo ct. Esperto quanto vuoi, ma che avrà bisogno di materiale umano valido.
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