Bitossi e il suo cuore matto: "Con le visite di oggi non avrei potuto correre"

Franco Bitossi, 78 anni a settembre, pedalava (e vinceva) nonostante la tachicardia. Critico sul ciclismo di oggi: "C'è persino gente che paga per gareggiare"

Bitossi e il suo cuore matto: "Con le visite di oggi non avrei potuto correre"

«Correre con un problema come il mio oggi sarebbe impensabile». Franco Bitossi, il cuore matto del ciclismo mondiale, è diretto e incisivo come solo i toscani sanno essere. La morte del giovane Michael Goolaerts l'ha colpito tantissimo. «Non è accettabile che un ragazzo di soli 23 anni muoia in questo modo dice Bitossi, 78 anni a settembre, vincitore in carriera di quasi 180 corse -. Questo ragazzo è stato sfortunato, anche se ho saputo che in Belgio non sono soliti svolgere indagini mediche approfondite come fanno qui da noi. E poi da quanto so, non era un corridore di punta . Era un buon ciclista, ma penso che a certe corse debbano partecipare solo ragazzi di sicuro talento. Invece oggi leggo sempre di più che ci sono papà, mamme, zii e nonni che pagano per far giocare a pallore i loro ragazzi, e lo stesso fanno nel basket, nella pallavolo o per farli correre in bicicletta».

Lei è conosciuto nel mondo del ciclismo per essere stato cuore matto: costretto a fermarsi, fin quando la tachicardia non allentava la presa.

«In quegli anni noi venivamo sottoposti solo ad elettrocardiogramma e con quello non si poteva vedere un bel niente. Oggi non è più così, con gli esami periodici e i test di 24 ore, si può vedere tutto e un corridore con un problema simile al mio non lo farebbero gareggiare assolutamente».

Atleta tosto, tenace, mai domo: solo quel muscolo la costringeva a rallentare.

«Un problema che mi ha reso in un certo qual senso famoso, anche se in materia di marketing non ci hanno lavorato poi molto - dice divertito -. Se ci fossero stati ai miei tempi i social o i tecnici della comunicazione, non so come avrebbero venduto la mia persona e il mio problema cardiaco. Ero sicuramente un corridore con una grande identificazione, come direbbero oggi».

Ventuno tappe al Giro d'Italia, quattro al Tour, tre campionati italiani, due Giri di Lombardia, tantissime vittorie, ma anche una sconfitta che gli fa venire ancora le extrasistole.

«Gap, 6 agosto 1972:

ci ho sofferto una settimana. Se dici Gap tutti aggiungono: Bitossi Bitossi Bitossi, Basso! Sono il battuto più ricordato del ciclismo. Se guardo ancora quella volata? No, guardi, il mio cuore potrebbe ancora risentirne».

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