Blengini, ecco l'antiguru che ha rifondato l'Italia

Gli azzurri contro il Brasile per sfatare il tabù d'oro. "Io meglio di Velasco? Sono al servizio dei giocatori"

Blengini, ecco l'antiguru che ha rifondato l'Italia

Marco Lombardo

nostro inviato a Rio de Janeiro

L'antiguru è nato un anno fa. E come capita nell'universo, da un'esplosione arriva nuova vita. Anche nell'universo del volley. L'antiguru è uno che cammina avanti indietro sulla linea vicina al campo, non alza mai la voce, non fa mai niente di scomposto, e se ha qualcosa da dire ti prende da parte e ti guarda negli occhi. Dice anche parolacce, certo, ma nel momento giusto. L'antiguru non si mette mai in prima fila, anche se oggi l'Italia del volley potrebbe vincere nella sfida contro il Brasile la prima storica medaglia d'oro olimpica. Lui infatti ti osserva un po' così: «Non sono io il primo ad avere un'occasione del genere. E se anche sarà, non sarà certo solo per merito mio».

L'antiguru è Chicco Blengini, Chicco per tutti perché Gianlorenzo lo chiama solo suo papà. Il coach dell'Italia della pallavolo nato così, appunto, per l'esplosione interna nel gruppo avvenuta dodici mesi fa, stesso posto di oggi. Allora era World League e in panchina c'è Mauro Berruto, l'allenatore filosofo, un vero guru intelligente e di successo. E Chicco era il suo vice. Era una nazionale che piaceva guardandola da fuori, ma dentro non luccicava più: quattro giocatori vanno a cena senza permesso, Berruto li caccia dal ritiro, tra loro c'era Ivan Zaytsev, il terribile Ivan. Finisce male, Berruto alla fine lascia, Chicco viene chiamato al suo posto. Ed è lì che nasce l'antiguru: «Sono stati giorni complicati - racconterà -, nei quali ho dovuto riflettere molto. Mi sono confrontato con Berruto, com'era giusto che fosse, la correttezza è stata la priorità. Poi sono partito con le mie idee».

Così, un anno dopo è cambiato tutto, anzi quasi perché Ivan Zaytsev c'è, stella polare di una squadra di un altro pianeta: «Gli altri invece sono rimasti fuori per scelta tecnica. Nessuna punizione, al primo posto vanno le idee». Ha chiamato Juantorena, ha buttato nella mischia Giannelli, il baby fenomeno, e ora l'antiguru arriva alla sua seconda finale della vita, perché nulla nasce dal nulla: «Chi dice che questa è la mia prima grande occasione sbaglia: non ricorda che ho già avuto una vigilia così. Allenavo a Santa Croce, abbiamo vinto la coppa Italia di A2. Ed ero più nervoso di adesso». Già, perché Chicco ha fatto tutta la gavetta passando anche per un'esperienza da vice di Julio Velasco, lui sì un vero guru, praticamente il suo maestro. «E se fosse lui a vincere l'oro che io non sono riuscito a portare in Italia ha detto l'attuale tecnico dell'Argentina sarei l'uomo più felice del mondo». Segreti rubati, consigli custoditi in qualche blocco note, rielaborazione del tutto sull'iPad: l'antiguru nasce così. E oggi, a 44 anni, con quella faccia da eterno ragazzino, arriva il momento di giocarsi tutto, restando sempre un passo indietro: «Onestamente io non faccio confronti, non guardo mai al passato, neanche in partita: la palla su cui ragionare è sempre la prossima, quella già caduta a terra non ritorna più. Non c'è tempo per avere dubbi, neppure per pregare, né per fare gli scienziati: il punto di partenza è che i giocatori vogliono sempre più di chi li allena e chi li allena deve solo essere capace di tirare loro fuori quello che vogliono. Stiamo bene? Stiamo bene per forza: è una finale olimpica..».

È il concetto di squadra, «nella quale a turno uno di loro è decisivo». È il segreto della ciambella, «che quando viene col buco, a volte viene con un buco che sembra fatto col compasso». Tonda come una medaglia che comunque ha già vinto.

E se sarà d'oro Chicco piangerà con i suoi ragazzi e farà la linguaccia alla telecamera, così come successo dopo la semifinale con gli Usa. Perché anche l'antiguru sogna, così come tutti noi. E sa quand'è il momento di lasciarsi andare.

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