Il bronzo che non t'aspetti dall'Italia che scia e spara

La staffetta mista del biathlon fa la sorpresa. Dorothea e compagni: "Solo noi ci credevamo"

Il bronzo che non t'aspetti dall'Italia che scia e spara

Sochi - Dorothea Wierer, Karin Oberhofer, Dominik Windisch e Lukas Hofer regalano all'Italia la medaglia numero 7, la medaglia che non t'aspetti ma sui cui era giusto, logico e lecito puntare. Il bronzo dei quattro giovani altoatesini arriva nel buio di Laura, il centro del biathlon che è uno dei gioielli preziosi fra gli impianti di Sochi. La staffetta mista è una novità all'Olimpiade e l'Italia sul podio è in compagnia della Repubblica Ceca, argento, e della Norvegia di Ole Einar Bjoerndalen che vincendo la sua tredicesima medaglia olimpica supera Bjoern Dahlie, norvegese come lui, fondista leggendario. Ma parliamo dei nostri ragazzi, che hanno fatto una gara straordinaria, veloci sugli sci e quasi infallibili con le carabine. Da Dorothea a Lukas è un crescendo di convinzione e determinazione, sono sempre stati davanti, in zona podio, non hanno mollato mai e a chi si aspettava il crollo, soprattutto al poligono di tiro, hanno risposto da cecchini infallibili. È festa grande per tutto il movimento che all'Olimpiade aveva festeggiato l'ultima medaglia a Nagano nel '98, e la dedica di Dorothea Wierer, la ventitreenne di Brunico che ha lanciato la staffetta, può sembrare polemica ma non lo è: «Questo bronzo è dedicato a quei pochi che credono in noi». Non hanno bisogno di grandi consensi questi ragazzi, non pretendono nulla in cambio del lavoro duro che serve per essere competitivi. Le risorse a loro disposizione sono quelle che sono e loro si arrangiano come possono, da grande famiglia che deve risparmiare sulle piccole spese. Ci credevano, nei giorni scorsi erano sempre stati protagonisti, ma avevano finora mancato il bersaglio grosso, per questo c'era un po' di frustrazione nell'ambiente. Eppure non hanno mollato e assieme, perché è proprio vero che l'unione fa la forza, si sono battuti per regalarsi un sogno.

C'era timore soprattutto per la terza frazione, quella di Windisch, uno che quando deve sparare in piedi sbaglia spesso, ma stavolta anche lui non ha tradito. «Credetemi, ero io il più teso in quel momento, sapevo di essere la chiave della staffetta, non potevo fallire e mi dicevo: non pensarci! Sapendo che c'erano i compagni ad aspettarmi e che se avessi sbagliato avrei fatto perdere anche loro, la pressione era ancora più alta, ho tremato, ma alla fine è andata bene». E quando Lukas Hofer, ultimo frazionista, ha centrato dieci bersagli su dieci, la certezza della medaglia ha liberato un urlo dalla gola dei tre che lo aspettavano al traguardo. La gioia per la medaglia è bella quando si è da soli, ma in gruppo è quasi più bella. «E il valore di questo risultato è ancora più grande, perché mostra la forza di tutto il movimento, non di un singolo, tanto più che per età media la nostra squadra è la più giovane sul podio»: sono parole di Flavio Roda, presidente federale che si gode la quarta medaglia (le altre tre sono venute dal ghiaccio), ma confessa che si aspettava di vincerne di più. Ma non è finita…. I quattro biathleti arrivano a Casa Italia per il brindisi di rito che sono quasi le undici, ma la festa non dura molto, in programma ci sono ancora due gare, staffetta maschile e femminile, ed è meglio non distrarsi troppo.

«Non ci rendiamo ancora conto di quel che abbiamo fatto, speriamo solo che grazie a noi il biathlon abbia un po' più di visibilità e attiri più giovani. Lo consigliamo, è davvero bellissimo!». E con una medaglia olimpica al collo lo è ancora di più.

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