di Tony Damascelli
Inguardabile. C'è un altro aggettivo che possa riassumere la Juventus apparsa a Bergamo in coppa Italia? In verità Allegri farebbe bene a riguardare attentamente la partita, leggendola con lucidità e non con gli occhi rossi della rabbia che lo hanno portato a insultare gli ufficiali di gara e a meritarsi l'espulsione, accompagnata dalla solita sceneggiata dello spogliarello. La Juventus paga errori non casuali, paga l'infortunio di Bonucci gestito malissimo domenica a Roma (il calciatore ha voluto restare in campo mezzora rifiutando di lasciare il posto a Chiellini), paga le difficoltà di mercato dovute a un bilancio che va tenuto sotto controllo dopo gli impegni gravosi delle ultime due stagioni, paga le scelte tattiche dell'allenatore e i limiti caratteriali di alcuni bianconeri. Totale: la squadra conta i pezzi e si può così riassumere. Rugani con la fascia di capitano a Bergamo è stata la fotografia dello stato dell'essere. Rugani è un buon difensore e mai è stato un gran difensore, in difficoltà evidente contro Zapata ha ribadito di non essere né un leader e di non essere capace di far ripartire il gioco dalla terza linea; come lui De Sciglio, costretto a spostarsi al centro dopo la scenetta a bordo campo tra Caceres, già pronto per subentrare a Chiellini, e Cancelo, mandato in campo nella zona dove l'Atalanta stava spingendo maggiormente. Il portoghese ha talento ma è un Narciso che si specchia nello stagno e finisce in acqua. Alex Sandro, a volte indisponente, ha contribuito al caos totale della difesa ma a Bergamo si sono evidenziati altri equivoci che andrebbero chiariti: Matuidi gioca in posizione più avanzata di Dybala, mi sembra una bestemmia tattica oltre che un insulto all'intelligenza. L'argentino ha smarrito la creatività che aveva mostrato giocando negli ultimi venti metri, da Sivorino è diventato un Marocchi al tramonto, il termine tuttocampista è un fake che accontenta gli stupidi e così la Juventus si ritrova con un artista in meno e un impiegato in più in fase risolutiva. L'assenza di Mandzukic ha creato il vuoto, la Juventus è l'unica squadra europea a giocare senza centravanti, Kean non viene utilizzato nemmeno in caso di strage, Cristiano Ronaldo si ritrova nella nebbia, nessuno lo lancia (ma chi saprebbe?), nessuno va a dettare in avanti una sua eventuale idea, semmai gli stanno alle spalle o di fianco, Douglas Costa è in fase involutiva, Bernardeschi alterna momenti superbi a fasi abuliche. E a centrocampo non è ancora definita e definitiva la scelta dei tre.
Tutto ciò in relazione alla prova di campionato contro la Lazio, ribaltata soltanto nel finale, e alla prestazione negativa contro l'Atalanta, segnali di fumo grigio che possono diventare nero tra venti giorni quando verrà il momento della Champions league contro l'Atletico di Madrid che è, come caratteristiche temperamentali, una Atalanta di qualità superiore.
Non è opportuno e nemmeno intelligente dichiarare finita la parabola juventina, due partite insufficienti non possono cancellare sette scudetti con il corredo di quattro coppe Italia, il vantaggio di undici punti in classifica e tutto il resto ma le lezioni di Roma e di Bergamo dovranno essere studiate con attenzione e senza alibi, perché nel football, come in quasi tutte le altre discipline sportive, nessuno può vivere di rendita.
L'eliminazione della Juventus in coppa Italia è riuscita a offuscare la disfatta romanista a Firenze, l'uscita del Napoli e il quattro a zero subìto dal Chelsea di Sarri e Higuain contro il Bournemouth, facendo scivolare la squadra londinese a 14 punti dal Liverpool e, a oggi, fuori dalla qualificazione Champions. Eppure qualcuno a Napoli soffre di nostalgia, così come a Torino, dopo aver rivisto Antonio Conte in tribuna a Bergamo, soffre la vedovanza del salentino. È il nostro meraviglioso pubblico. Giornalisti compresi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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