«Muchas veces he caído, pero siempre me he levantado», aveva scritto su twitter Alvaro Morata lo scorso 10 dicembre. Giorno in cui la Juventus aveva ufficializzato il prolungamento dell'accordo con il suo numero nove fino a giugno 2020. In sostanza: «Sono caduto molte volte, però mi sono sempre rialzato». Concetto ancora attuale, eccome: perché da quella data e fino a due giorni fa, il centravanti bianconero era rimasto ancora a secco. Non segnava insomma dal 4 ottobre, aveva ascoltato gli inviti di Allegri a rimanere sereno e a lasciare le ansie fuori dal terreno di gioco, aveva provato a metabolizzare qualche problema amoroso ma la palla non ne voleva sapere di entrare in porta. Tutt'altra musica rispetto alla passata stagione, ai gol in serie in Champions League, alle 15 reti complessive segnate in 45 presenze e alla sensazione che il Real Madrid potesse davvero fare valere la clausola «de recompra» che vantava sul suo conto: «Non ero mai stato così tanto tempo senza segnare, mi sembrava di impazzire», avrebbe poi raccontato due sere fa nella pancia dello Stadium, dopo avere riassaporato il gusto del gol (e della doppietta) contro l'Inter. Un rigore per sbloccarsi (con tanto di bandierina del calcio d'angolo presa a calci), poi una girata al volo che «senza avere già segnato nel primo tempo, non avrei mai azzeccato. Per certe giocate serve solo l'istinto: e se non sei libero con la testa, non puoi farcela. Ho avuto qualche problema, di quelli che nella vita possono capitare a tutti: me li sono portati in campo e in allenamento, per questo non si vedeva più il giocatore dell'anno scorso». Onestissima autoanalisi, con sottinteso mea culpa. Eppure la Juve lo ha aspettato, Buffon (38 anni ieri) lo ha spronato («fai vedere chi sei, smettila di piangerti addosso») e contro l'Inter dopo un inizio ancora pieno di indecisioni è rispuntata la luce.Resta adesso da verificare se la spina rimarrà attaccata in maniera stabile oppure no. Il tempo per raddrizzare del tutto la stagione non manca e basta ricordare che i cinque gol segnati lo scorso anno in Champions arrivarono tutti da febbraio in avanti: due al Borussia Dortmund, altrettanti al Real Madrid e uno al Barcellona. Già: il Real e la famosa clausola, originariamente esercitabile al termine dell'attuale stagione o di quella che verrà, per una cifra fino a un massimo di 30 milioni di euro. Peccato che nel frattempo i galacticos si siano visti bloccare il mercato (per le prossime due sessioni: una estiva e una invernale) dalla Fifa a causa di irregolarità sui trasferimenti dei giocatori con meno di 18 anni. Al netto di un eventuale ricorso che ribalti il tutto, Morata insomma non potrà tornare alla casa madre fino all'estate 2017: «Con la stagione che ho fatto fin qui, c'è poco da parlare di clausole», le sue parole dell'altra sera. Cui la Juve si augura seguano altre giocate decisive: Mandzukic salterà quasi certamente l'impegno di domenica contro il Chievo (oggi gli esami al polpaccio sinistro) e potrebbe quindi toccare a lui fare coppia con Dybala, baby fatato capace finora di 15 gol e 7 assist. Per pensare al Real, ci sarà tempo. Forse. Perché a Torino male non si sta, pur senza dimenticare che Zidane «è stato il mio secondo allenatore, quando giocavo in Spagna. Da ragazzino andavo a vederlo allo stadio con i miei genitori, per me è un idolo».
Contro il quale magari incrociare il cammino in Champions League, sempre che l'ostacolo (insormontabile?) Bayern Monaco venga superato e che i blancos facciano altrettanto contro la Roma: le vie del calcio sono infinite, meglio non dimenticarlo mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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