Coronavirus

Calciatori e medici: "No agli allenamenti"

Dopo lo scontro Agnelli-Lotito. "Rischio inutile anche solo controllare la febbre"

Calciatori e medici: "No agli allenamenti"

Marcello Di Dio

La lista dei calciatori positivi si allunga: ieri i viola Pezzella e Cutrone e i sampdoriani Depaoli e Bereszynski («stiamo bene, seguiamo le indicazioni previste», hanno detto) hanno portato a undici il numero dei casi finora resi noti in Italia, numero destinato inevitabilmente a crescere nei prossimi giorni. In casa blucerchiata, dove sono già otto i casi di positività al Covid-19 (con il medico sociale Baldari, ricoverato in ospedale in via precauzionale), hanno scelto di non dare più informazioni sui propri tesserati che, in presenza di lievi sintomi, sono stati sottoposti agli accertamenti previsti. «L'unica notizia importante è che i ragazzi stanno tutti bene e sono nei loro domicili a Genova. In un momento così complicato per il nostro Paese e nel rispetto di chi sta operando in prima linea - dice la nota del club - è doveroso non alimentare ulteriori preoccupazioni per situazioni sotto controllo».

Si affacciano i primi casi in Germania (il difensore Kilian del Paderborn), in Spagna (due membri dello staff all'Alaves) e in Serbia (il presidente della Federcalcio che non ha fermato l'attività...), in Italia tiene banco la questione allenamenti dei giocatori soprattutto dopo lo scontro sul tema tra Agnelli e Lotito. I campionati sono sospesi fino al 3 aprile, la Lega di A ha studiato un piano che prevede il ritorno in campo - come ipotesi al momento più realistica - il 2 maggio e completare i tornei a fine giugno, magari con qualche turno infrasettimanale. Difficile così pensare a una ripresa degli allenamenti prima di 15-20 giorni, se non a ridosso della settimana di Pasqua, nonostante la resistenza di qualche presidente. Molti club di B nel frattempo hanno proseguito regolarmente l'attività, magari con sedute in piccoli gruppi, e questo ha portato alla reazione dei medici delle società. «Il nostro consiglio è non riprendere gli allenamenti e non promuovere altre attività di aggregazione fino a un netto miglioramento dell'emergenza Covid-19 - si legge nel comunicato dei sanitari - Siamo preoccupati circa la tutela della salute dei nostri tesserati».

L'Assocalciatori aveva invocato l'interruzione del torneo prima della decisione presa il 3 marzo dal Coni. E dopo che alcuni presidenti della Lega Pro hanno chiesto di nuovo la sospensione degli stipendi dei calciatori, ha tuonato: «Oggi in Italia ci sono ancora società calcistiche che o sono vergognosamente irresponsabili o vivono su Marte. Nonostante l'intervento del premier Conte e il decreto con le misure urgenti del contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale fino al 25 marzo, ci rattrista e siamo indignati nel registrare che alcune società che si ostinano a convocare gli atleti per allenamenti, o peggio ancora, per il controllo quotidiano della temperatura, costringendoli a farli muovere da casa o a incontrare persone. Se la convocazione è volta ad ottenere il rifiuto dai calciatori per poter poi procedere con la decurtazione degli stipendi significa che stiamo raschiando il fondo del barile della dignità».

Martedì, dopo la decisione finale dell'Uefa sul rinvio degli Europei, il quadro sarà più chiaro.

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