
Campionato ultimo atto. Si comincia domani, anzi si finisce. Il resto arriverà domenica, quando avremo la classifica definitiva, al netto di sempre possibili spareggi per scudetto (improbabile) e salvezza (anche questo difficile da pronosticare). E sui verdetti si specchieranno anche le parole, quelle che ciascuno inscatola e versa a proprio insindacabile comodo. Conte che parla di miracoli, Inzaghi che non parla per lasciare intendere che non sia il Napoli a togliere lo scudetto all'Inter.
Insomma, il campionato delle mezze verità, quando non proprio quello delle bugie, là dove ce n'è un po' per tutti e da tutti, tipo il Gasp che a fine febbraio dice che non rinnoverà con l'Atalanta, lasciando intendere (senza dirlo) che saluta a fine anno e invece adesso, a fine maggio, si siede al tavolo per discutere un'altra volta del futuro. Nel mezzo, tre mesi in cui la sua Atalanta ha perso anche per questo destabilizzante tira e molla la possibilità di vincere lo scudetto.
Conte è a una vittoria dal suo decimo scudetto (5 in campo, 5 in panchina, più una Premier con il Chelsea) e già pare di sentirlo ripetere quel che ha detto ogni volta che ha parlato da 6 mesi in qua. Impresa storica, miracolo inatteso e via enfatizzando, ma soprattutto sempre scordando quel che il Napoli ha fatto appena 2 anni fa, con 7/8 titolari del terzo scudetto in campo anche nel (possibile) quarto. E Buongiorno per Kim, piuttosto che McTominay per Zielinski oppure Osimhen sostituito da Lukaku, come da suoi desiderata.
Certo gl'infortuni, ma chi non li ha avuti? Certo Kvaratskhelia, ma come rinunciare a quei 70 milioni dopo averne spesi 150 in estate? Restava da giocare e gestire mezzo campionato e Neres era stato uno dei migliori nell'altra metà. Ma soprattutto c'è proprio l'ingaggio di Conte a spiegare le ambizioni del Napoli: perché si sceglierebbe quello che si considera il migliore, con annessi e connessi e gli oneri che assumerlo comporta, se non per provare a vincere? Conte è stato bravissimo, e con lui la sua squadra. Ma parliamo di lavoro, non di miracoli.
Chissà se l'Inter a Como riprenderà a parlare, ma soprattutto se tornerà a essere l'Inter e non la scolorita fotocopia vista nel secondo tempo con la Lazio, con errori che, sommati agli altri fatti nel corso del campionato, rischiano di pesare sul verdetto molto più di una rimessa laterale o un rigore non dato per cui il club ha messo in piedi questo rumoroso silenzio.
Ma tutto il campionato è un rosario di bugie, anche oltre la lotta per il titolo.
Vogliamo parlare di Venezia e Monza, che dicono di lottare per salvarsi e a gennaio cedono i loro giocatori migliori? A Di Francesco è andata meglio che a Nesta e domenica proverà a tirare un brutto scherzo a Tudor, uno al quale la bugia probabilmente l'hanno messa addirittura sulla carta, qualificaci per la Champions e resti con noi. Sì, come no. Con Conceiçao, il Milan non ha corso rischi: 6 mesi di contratto e via, a scadenza, solo un po' più a lunga dello yogurt. Eppoi la chiamano fiducia.