Davide Pisoni
Se cercate Fabio Capello basta fare uno screening dei big match della settimana in giro per l'Europa e avrete tracciati i suoi spostamenti sulla rotta di un pallone che rotola sempre e non si ferma mai. Specialmente in un finale di stagione che l'ha visto a Malaga per commentare su Fox Sports l'ultima giornata della Liga, il mercoledì dopo a Stoccolma per la finale di Europa League, il sabato a Londra per l'Fa Cup e una settimana dopo a Cardiff per la finale di Champions League. Non una partita qualsiasi per Capello, Juventus-Real Madrid. Doppio ex in panchina. E non si può che partire parlando dei suoi due eredi.
Allegri è a un passo dal Triplete. In cosa l'ha convinta di più?
«Nel saper leggere le partite. Cambia in continuazione e ottiene i risultati. E poi l'intuizione di Pjanic alla Pirlo o quella ampiamente celebrata di Mandzukic esterno. E poi i giocatori lo seguono...».
Cosa intende?
«Max è credibile agli occhi della squadra. È fondamentale per avere la squadra in mano. Perché tutti i giorni è un uno contro trenta».
Dall'altra parte c'è Zidane che in due anni può vincere più di tanti altri che sono rimasti in panchina per trent'anni.
«Al Castilla non stava facendo benissimo, ma con il salto in prima squadra ha fatto una cosa straordinaria. I giocatori hanno visto in lui un ex con credibilità, come se fosse uno di loro. L'esperienza maturata in campo gli ha dato la capacità di saper gestire una realtà così importante».
Cosa l'ha colpita di più di Zizou in questa stagione che l'ha seguito da vicino?
«Si è portato dietro l'esperienza italiana. Guardi che in panchina non dorme. E nessuno si illuda di un Real Madrid tutto sbilanciato all'attacco, tutto in avanti. È una squadra equilibrata».
Quindi lo iscrive alla scuola italiana che sta vincendo ovunque? Come si spiega questo successo?
«Perché siamo eclettici, abbiamo una capacità di adattarci alla situazione unica. Conte era partito per giocare in un certo modo, ma ha avuto la forza di cambiare idea, che non è cosa da poco. Anzi è un'enormità».
Eppure spesso i nostri club cercano all'estero...
«Non mi faccia parlare... Noi abbiamo tutto e se proprio si pensa a uno straniero io credo che la cosa importante sia che abbia idee, che porti qualcosa di diverso. Che arricchisca il nostro movimento».
C'è un filo che lega gli allenatori?
«Se ci fa caso la maggior parte sono tutti ex centrocampisti: non solo Allegri e Zidane, Conte, Guardiola, Ancelotti. Insomma se giochi in quella posizione aumentano le percentuali di avere successo anche in panchina. In un certo senso si inizia a diventare allenatori giocando in mezzo al campo».
Chi parte favorito tra Max e Zizou?
«Dico cinquanta e cinquanta e non per sbilanciarmi, ma perché penso che sia davvero una sfida in equilibrio. Il Real Madrid concede qualcosa in difesa, ma adesso ha trovato il portiere che negli ultimi due mesi sta facendo la differenza. E mi piace tanto il suo centrocampo, lì ha qualcosa in più della Juventus».
Che cosa si aspetta da questa finale?
«Me la cavo con una battuta: qualcosa di meglio di quella di Stoccolma tra Ajax e United...».
Allegri ha detto che Roma e Napoli così vicine in campionato hanno aiutato la sua squadra ad arrivare in fondo in Europa...
«Ci manca ancora qualcosa... Giocare un buon calcio è ancora per pochi. La finale della Juve resta un'eccezione perché nelle coppe europee continuiamo a faticare».
C'è chi sostiene che ci siano giocatori e allenatori da finale? Lei ha fatto un capolavoro con il Milan ad Atene ma ne ha perse due da allenatore e una da giocatore. È d'accordo?
«Anche Lippi ne ha perse ma questo non significa che non sia un vincente. Penso più che altro dipenda da come ci arrivi, è importante avere giocatori sani. Penso al mio Milan contro l'Ajax con Savicevic fuori causa».
A proposito di giocatori lei ha appena definito Messi Pavarotti, ma sabato c'è un duello da pallone d'oro tra due fenomeni... Buffon contro Cristiano Ronaldo. Chi è Gigi?
«Gigi è un direttore d'orchestra perché da dietro guida tutta la squadra. Mi viene in mente il russo Valerij Gergiev».
E il portoghese?
«Beh lui è un ballerino per la capacità di alzarsi in aria, la sua elevazione e coordinazione. Se lo guardo penso al nostro Roberto Bolle».
Sarà una sfida anche tra due ambienti che lei conosce bene, come li ricorda?
«Sono due società vincenti nel dna. L'organizzazione fa la differenza. Quando arrivi alla Juventus hai la percezione di entrare nel club che ha fatto la storia del calcio in Italia».
E al Real Madrid?
«Madrid es Madrid, dicono loro. È tutto, il club più forte del mondo, questo lo respiri davvero tutti i giorni in ogni momento che vivi dalla partita, agli allenamenti, alle riunioni».
Nel suo Real ha tenuto a battesimo Higuain e Marcelo.
«Il brasiliano era un sedicenne, mentre Gonzalo ha fatto anche un paio di gol importanti arrivando a gennaio, contribuì a vincere la Liga. Il presidente Calderon mi diceva di farli giocare ma io gli rispondevo che alla Juve i giovani fanno 5-6 mesi di ambientamento prima di essere buttati nella mischia. E comunque gli dissi che avrebbero fatto la fortuna del Real e così è stato».
E poi c'era già Sergio Ramos... un predestinato?
«Parlando di lui faccio un paragone con Guti: a parità di qualità e fisico, Sergio Ramos ha voluto fortissimamente diventare un grande giocatore. Una determinazione incredibile nel voler arrivare come Ibra, Seedorf...».
È l'uomo delle finali...
«Ci sarà da divertirsi sulle palle inattive, tra lui Chiellini, Bonucci...».
La prossima Champions assomiglierà a una super lega perché per metà sarà composta da formazioni dei quattro grandi campionati. È d'accordo?
«Sono d'accordo, è giusto così perché il calcio è business e avere i valori più importanti in campo
aiuta. E comunque anche per gli altri ci sarà sempre una possibilità». Intanto se la giocano due grandi, due che Fabio Capello ha allenato «ma a nessuna delle due ho dato consigli, non ne hanno bisogno. Sono già forti così».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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