Alla faccia del centrocampista. Perché numeri così, se li facesse un attaccante, ci sarebbe già di che essere soddisfatti. Invece, di professione, Arturo Erasmo Pardo Vidal fa il cacciatore di palloni: insegue gli avversari, fa sentire loro la sua voglia di rubargli l'attrezzo del mestiere e spesso ci riesce pure. Poi, e non è un dettaglio, prova a mettersi in proprio. Riuscendoci: domenica, in casa contro l'Udinese, festeggerà la sua centesima presenza con la maglia della Juventus avendo segnato finora 32 gol. Mica bruscolini, pur tenendo conto che dodici di questi sono arrivati su rigore: gli ultimi due contro il Copenaghen, mercoledì sera. Seguiti da un colpo di testa che appunto mica tanti attaccanti avrebbero indirizzato con quella precisione all'incrocio dei pali. «Sa fare tutto», lo coccola Conte. «Corre per due e forse per tre», aggiunge Marchisio. Ed è costato poco: 12,5 milioni (bonus compresi) al Bayer Leverkusen, tre estati fa. Strappato al Bayern Monaco, con inevitabile risentimento di Kalle Rummenigge che aveva prima accusato il colpo e poi la Juve di scorrettezza. «Io volevo l'Italia e il bianconero», avrebbe poi dichiarato il cileno. Il quale nei due anni e tre mesi della Juventus targata Conte ha segnato più di tutti: delle sue 32 reti (7 il primo anno, poi 15 e ora 10) si è detto, seguono Vucinic (25), Quagliarella e Matri (20) e Marchisio (18).
Giocatore totale, semplicemente. Nel senso che gioca ovunque. Con intelligenza. Al punto che (anche) per lui, Conte ha cambiato la Juventus strada facendo: tanti saluti al 4-2-4 immaginato, avanti prima con il 4-3-3 (Vidal, Pirlo, Marchisio), poi con il 4-1-4-1 (Krasic, Marchisio, Vidal, Pepe) fino a sposare il 3-5-2 diventato marchio di fabbrica. Abiti che la Juve ha indossato quasi con naturalezza grazie anche alla capacità di adattamento del figlio di mamma Jaqueline, buono per tutti gli usi. Così, nato difensore centrale nel Colo-Colo, con la maglia del Cile è stato utilizzato in varie occasioni proprio nella linea difensiva (sia esterno che centrale) prima da Borghi e poi da Bielsa: avendo imparato quel mestiere, gli è venuto buono anche sotto la Mole visto che l'anno scorso, in piena emergenza a Marassi contro il Genoa, Conte lo aveva schierato centrale accanto a Caceres nella difesa a quattro. Lui non fece una piega, così come non l'ha fatta domenica scorsa a Livorno piazzandosi in mezzo a Caceres e Chiellini (attaccanti toscani messi tre volte in fuorigioco, 19 lanci e 100 passaggi riusciti su 106). «Faccio quel che serve, con allegria», è il suo motto. Contro il Toro, nel secondo tempo e in assenza di Pirlo, serviva stare in mezzo al centrocampo per liberare Pogba sull'esterno: detto e fatto, risultato garantito. Cambia la posizione sul campo, magari cambia il look (barbetta, cresta, pizzetto) ma il fatturato rimane lo stesso: elevatissimo.
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