nostro inviato a Londra
L'ultimo bacio ha il sapore dolce del trionfo e il sapore amaro della sconfitta. L'ultimo bacio è una promessa che avvicina e un rifiuto che allontana. L'ultimo bacio è un arrivederci che riempie il cuore di attesa e un addio che ingolfa l'animo di ricordi, nostalgie, di non sarà più. Mai più.
L'ultimo bacio, quello dolce, dell'arrivederci, del ci vediamo a Rio 2016, ha il corpo da superman e i muscoli e le flessioni di sfregio ai rivali e l'arciere verso il cielo e il faccione allegro e miliardario di chi ha il mondo ai propri piedi e si chiama Usain Bolt. Usain che si ferma e si piega e punta le mani e tocca la corsia e bacia per terra, la pista che ha calpestato e dominato ed è ancora oro e sono i 200 metri e non è finita. L'ultimo bacio del grande giamaicano è una cartolina dall'Olimpiade, ma non è la cartolina dell'Olimpiade. Non può esserlo. Non deve esserlo. Perché i Giochi sono medaglia, sono prestazione, sono lacrime di felicità e disperazione e stanchezza, però sono e devono essere un esempio di vita. E c'è esempio nel trionfo, nell'allenamento di chi non molla mai, c'è esempio nel talento, magari stratosferico di Usain, ma l'esempio che cerchiamo, quello più importante perché adattabile alla vita di tutti i giorni, è un altro. Noi pincopalla della vita cerchiamo nell'eroe olimpico qualcuno da seguire e non solo da ammirare. Qualcuno in cui ci si possa riconoscere senza mai sentirlo extraterrestre. Qualcuno capace di ricordarci che si può arrivare lontano, persino a un'Olimpiade, ma quel che conta non è vincere e neppure partecipare. Conta respirarla l'Olimpiade. Come noi pincopalla dovremmo respirare la vita di tutti i giorni.
Per questo l'ultimo bacio amaro, dell'addio, del non andrò a Rio 2016, è un ultimo bacio più importante. Ha il corpo minuto e i muscoli fragili e lo sguardo - diamine che sguardo - di dolore e fierezza di un uomo che a suo modo, nonostante le vittorie, è pincopalla come noi. Un uomo che ci ha però regalato una lezione da respirare nella vita di tutti i giorni tanto la sua olimpiade può essere d'ispirazione. La storia dei Giochi è piena di uomini e donne così, solo che li dimentichiamo troppo spesso, solo che le convulsioni della maratoneta Andersen-Schiess, a Los Angeles '84, e quel suo giro d'agonia dentro lo stadio non entrano negli annali. E si perdono, s'annebbiano. Ed è grave, disperatamente sbagliato, perché è proprio fra le nebbie che i pincopalla della vita sono costretti a camminare, talvolta a correre, a sperare, provare, soffrire ogni santo giorno. Per questo l'ultimo bacio cartolina di Londra 2012 deve essere quello di Liu Xiang, l'ostacolista cinese. Liu che troppo frettolosamente le cronache hanno archiviato come Liu tendine d'Achille di nuovo tranciato, Liu sfigato, Liu iellato, Liu che gli era già successo uguale uguale a Pechino.
L'ultimo bacio di Liu Xiang rappresenta invece la luce nella nebbia per noi pincopalla della vita. L'ultimo bacio di un uomo strappato ai Giochi di casa quando era il favorito, strappato a questi Giochi quando era di nuovo fra i grandi, strappato a tutto ma che, potenza dell'Olimpiade, ha avuto la forza di riprendersi tutto in altro modo. E chissenefrega se quel tutto non luccica come una medaglia. Luccica dentro lui, luccica dentro noi, come esempio. È successo quando il tendine ha ceduto e Liu è finito a terra con addosso tutte le sfighe del mondo, hanno detto e scritto. È caduto, si è rialzato e su una gamba sola ha iniziato a saltellare, facendo tenerezza in chi non capiva e invidia in chi comprendeva che Liu Xiang stava scrivendo la pagina più bella di Londra 2012. Saltello dopo saltello ha percorso i 110 metri dei suoi ostacoli per dire a se stesso e a noi pincopalla che, sì, li aveva fatti, li aveva portati a termine. Noi pincopalla troppo spesso avvolti in una nebbia di piccolezze, scuse, giustificazioni, noi pincopalla nascosti fra gli ottantamila dell'Olympic Stadium, noi pincopalla con le lacrime agli occhi quando Liu Xiang è arrivato all'ultimo ostacolo e l'ha baciato.
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