C'era una volta la pazza Inter ​Quella del Mancio è un killer

Poco spettacolo, tanta sostanza come i nerazzurri vincenti del passato: dal Mago Herrera a Mourinho

C'era una volta la pazza Inter  ​Quella del Mancio è un killer

Domanda: preferite la pazza Inter che stravince tutto ma poi si smarrisce o l'Inter saggia che come una formica porta a casa lo stretto necessario non ancora indispensabile? La risposta èardua, al vero tifoso non interessa la forma ma guarda e porta a casa la sostanza. Dunque l'Inter di Mancini Roberto ricorda quella di Mourinho Josè e di Herrera Helenio, voglio dire una squadra tosta, pragmatica, di immediato risultato, brutto ma vincente, lo spettacolo non rientrava e non rientra nel vocabolario per vincere scudetti e coppe euromondiali, sugli almanacchi risultano le vittorie e non come le stesse siano state ottenute.

Forse qualcuno preferiva la cosiddetta Inter di Cuper Hector detto hombre vertical ma che poi pensava più al lato estetico che a quello sostanziale e sostanzioso? O quella dei Recoba che faceva godere Massimo Moratti ma un po' meno gli allenatori che non riuscivano a intuirene doti e collocazione tattica, non certo la cifra tecnica raffinata? O la genialità di un Beccalossi che, per quanto mi riguarda, non avrebbe potuto stare allo stesso tavolo di Mariolino Corso, vero genio da tutti incompreso, soprattutto in nazionale al punto che sua maestà Pelé si chiese quanto fossimo forti noi italiani da permetterci il lusso di non portare mai, dico mai, uno come Corso a un solo mondiale?

L'Inter continua allora ad avere due anime nello stesso corpo, quella dell'imprevedibilità che l'ha resa appunto pazza e quella del cinismo e del killer saggio che l'ha portatao negli anni a vincere in Italia in Europa e nel mondo. Fa parte, questa sua follia, di un gene originario, cambiando l'ordine dei presidenti la squadra ha conservato la caratteristica che l'ha portata un giorno ad essere uno squadrone e un altro una squadretta, figlia dei propri limiti e non dello strapotere degli avversari. L'Inter attuale, quella di Mancini, bada al sodo in modo opposto e differente da quello che era, da calciatore, il suo attuale allenatore. Perché infatti, Mancini può essere ricordato e considerato come un talento assoluto ma sprecato, un campione che è arrivato a Roma senza vedere il papa, nel senso che ha girato il mondo del football, ha vinto anche ma non ha raggiunto la fama di certi colleghi suoi che oggi esibiscono un passaporto pieno di trofei.

È pur vero che lo stesso Mancini gode di una certa protezione mediatica, raramente viene fatto oggetto di censure, si presenta bene dunque si sottrae a facili ironie e perfide insinuazioni e oggi affronta la Fiorentina che lui allenò da debuttante in panchina grazie al lodo Petrucci, una deroga ad personam che confermò certi suoi privilegi. Poi sul campo Mancini ha saputo confermare la lode più del lodo, la sua Inter non piace ma vince e questo conta, alla faccia di quelli che si guardano allo specchio chiedendo chi è la più bella del reame. L'Inter comunque sorprende sempre, se vince è brutta, se perde è una cicala generosa e sprecona, non c'è mai una via di mezzo, un compromesso che possa spiegare il percorso di questo gruppo che tutto fa per farsi riconoscere. Oggi l'idolo è diventato Felipe Melo come lo era Materazzi, io preferivo Mazzola, Suarez, Matthaus e Rummenigge ma forse sono datato e non capisco la pelle e i desideri dei tifosi che vogliono i guerrieri e non le belle gioie.

Ma erano belle gioie, quelle che ho appena citato e che hanno scritto la grande storia della grande Inter? Aspettiamo la verità contemporanea, per il momento meglio portare a casa i punti e il primato in classifica che rispetto agli ultimi anni ha il sapore di primavera adesso che sta arrivando l'autunno con le sue malinconie.

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