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"Col mio calcio semplice ho acceso il fuoco nel Monza dei miracoli"

Il monito per la serie A: "Palla al terzino, poi al mediano e ancora al terzino, si perde tempo"

"Col mio calcio semplice ho acceso il fuoco nel Monza dei miracoli"

Presidente Berlusconi, in mesi così difficili non dovremmo usare parole rubate alla guerra, ma lo sport è crudele e le prende in prestito: una battaglia, domenica sera Pisa-Monza è stata una vera battaglia sportiva.

«Sì, lo stadio era una bolgia e per i ragazzi era difficile. Ogni volta che ci veniva fischiato un fallo avevamo tutti contro, c'era persino chi cantava Bella Ciao... Metteva davvero paura».

In più, pronti e via, subito sotto di due gol. Centodieci anni di attesa ed ecco l'apocalisse. A Monza e provincia in molti hanno pensato qui è già finita.

«Io no. Negli spogliatoi, poco prima della partita, i ragazzi mi si erano tutti radunati attorno. Gli ho parlato a lungo, gli ho dato indicazioni figlie del cuore e dell'esperienza. Sono momenti molto belli, ce ne sono stati diversi, sono sempre stato accanto alla squadra».

Che cosa ha detto loro prima del fischio? In questi giorni si è parlato molto dei suoi discorsi motivazionali.

«Gli ho detto che dovevano essere undici guerrieri, undici gladiatori, che dovevano lottare in ogni istante e anche nei momenti più complicati rispondere colpo su colpo. Gli ho detto occhio, guardate che avrete davanti avversari cattivi, sapete che i pisani danno sempre il massimo; gli ho detto che non dovevano avere paura, che da lì a poco avrebbero scritto la storia, che volevo vedere il fuoco negli occhi, che si lotta su ogni palla, che si deve resistere ad ogni attacco perché avete un solo dovere, un solo obbligo, un solo traguardo da raggiungere: dovete vincere».

E sotto di due gol, l'ha visto quel fuoco, Presidente?

«Certo che l'ho visto».

Il fuoco negli occhi di Machin che al 19' ha riaperto la partita accorciando, il fuoco dell'uomo della provvidenza, Gytkjaer...

«Lo dico sempre. Bisogna mandare la palla dall'altra parte velocemente, alle punte, e questa è la dimostrazione. Perché i gol si fanno tirando in porta rasoterra. Non solo, l'ho anche spiegato più volte ai ragazzi: le punte devono restare sempre davanti, anche sui calci d'angolo nella nostra area, perché così costringono i difensori avversari a stare lì, impedendogli di venire a dare manforte in attacco. E poi perché è sempre possibile che la situazione si ribalti e il portiere trovi uno ben piazzato che possa fare gol».

Le piace il calcio veloce, quello del suo Milan, diciamo soprattutto del suo primo Milan.

«È molto semplice, i gol si fanno dall'altra parte del campo, per cui io non capisco questa tattica tanto in voga ora del terzino che passa la palla al mediano che poi la ripassa al terzino... Così si perde solo tempo».

Dicevamo dei 110 anni di attesa: stavolta c'è però qualcosa che va oltre lo sport, è quasi un messaggio alla gente, non solo e non necessariamente quella tifosa.

«La verità è che in pochi anni abbiamo realizzato un sogno sportivo. Nostro, certo, ma anche e soprattutto dei cittadini di Monza e della Provincia. Tifosi e no. Credo che la maggior parte ritenesse ormai impossibile vedere la propria squadra in Serie A. È incredibile, a pensarci, quanto questa attesa sia stata lunga».

Tanto più per una realtà come quella di questa provincia, eccellenza e volano economico e imprenditoriale.

«Sì, una provincia con 870mila abitanti, dove risiedono oltre 70mila imprese e partite iva non poteva continuare a non essere rappresentata nella massima serie. Qualcosa andava fatto».

A proposito di un sogno che pareva impossibile: la prossima stagione ci sarà un derby con il suo Milan. Qui anche a lei servirà molto più che un discorso motivazionale. Come si districherà nel ginepraio della passione?

«Serviranno riflessioni profonde, non so dove starà il mio cuore».

L'altra sera, uscendo dallo stadio di Pisa, sorridendo, oltre che di scudetto ha parlato di Champions fra i prossimi obiettivi.

«Sì, ma credo fosse chiaro che si trattava di una battuta... Però, vediamo.

Resto pur sempre il presidente di club che ha vinto di più nella storia del calcio mondiale».

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