È un dettaglio non da poco che risalta quando leggi le cronache sportive di un certo peso, quelle dei trionfi mondiali, quelli che raccontano la storia. Ebbene, il grosso dei campionissimi di ieri e di oggi fa di nome Michele. La lista, declinata in tutte le lingue del mondo, è sterminata: da Michael Phelps a Michael Jordan, da Michael Johnson a Michael Shumacher. Da Mike Tyson a Michael Gross. Dagli europei Miguel Indurain a Michel Platini. Dai, mettiamoci anche il nostro Michele Alboreto, l'ultimo pilota italiano a trionfare con la Ferrari, il volto buono della Formula uno. Chiediamo lumi a un linguista di chiara fama come Massimo Arcangeli per capire se è solo un caso.
Coincidenza o cosa?
"Da linguista direi che si tratta di una pura questione statistica, considerando che è uno dei nomi più rappresentativi, dei più antichi (anche questo di origine ebraica), dei più universali nelle varie lingue del mondo. Un nome tanto è più antico e tanto più si irradia con successo. La tradizione ha sempre avuto il suo peso. Ecco spiegata la pletora di campionissimi".
C'è dell'altro?
"A livello etimologico significa "colui che è simile a un Dio, che vuole emularlo". Diciamo che le premesse sarebbero già ottime in partenza per primeggiare nello sport". Eppure, potremmo aggiungere noi, si dice di una persona con poca voglia di lavorare, un fannullone, che "fa la vita di Michelaccio". In realtà si tratta solo di un'espressione popolare che non ha niente a che vedere con la storia del nome Michele. È solo una curiosità legata al pellegrinaggio al santuario di san Michele al confine tra Aragona e Catalogna. Quelli erano i michelacci.
Michele fa sfracelli ovunque, però non è che in Italia ci sia tutta questa lista di campioni con questo nome, controtendenza?
"Anche qui il dato si spiega a livello statistico. Gli ultimi rapporti dell'Istat danno questo nome in netto ribasso rispetto al passato. Michele non è nemmeno più nella top 10 dei nomi scelti dai genitori.
Da noi sono dieci anni che furoreggia Francesco". E, aggiungiamo noi, con Bergoglio Papa ormai non lo batte più nessuno. Il simpatico Francesco Totti ci scuserà, ma la sua (mondiale tedesco a parte) è una storia soprattutto romana.
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