Gli psicologi parlano di sindrome di Annibale, ovvero le nostre squadre non osano, non credono, non buttano il cuore oltre all'ostacolo. C'è il rischio di essere perfino troppo ottimisti, di sopravvalutare valore e valori. Purtroppo il nostro calcio di club soffre di mediocrità assortita (calciatori, tecnici, preparatori, dirigenti) aggiunta a quei rossi di bilancio, economico e calcistico, che mettono il malumore.
Ma, suvvia, non possiamo accettare di essere proprio una congrega di cenerentoli pallonari. Serve una bella sveglia, forse una iniezione di fame calcistica e di stimoli che non siano sono quelli dello stipendio. Serve vedere squadre correre sempre e per 95', come spesso non capita in campionato. Errori di preparazione o sindrome del dormiglione? Dateci subito la risposta. L'Italia del tifo ha diritto di chiedere alle sue squadre di metterci l'anima e l'animo, di dimostrare che il campionato non racconta una verità assoluta (mediocrità da far paura) ma relativa: possibile che la Juve ancora una volta buchi le gomme prima di arrivare agli ottavi? E la Roma sia proprio come l'isola che non c'è? Poi ci sarebbero le dame di Europa league: per l'Inter sta diventando un salvagente, per le altre un'alternativa decorosa alle toppate del campionato.
Stavolta più che mai l'Europa delle coppe deve diventare un raggio di sole per credere al nostro calcio. Sennò hanno ragione gli inglesi che snobbano la nazionale dei maschi e si dedicano più numerosi a quella in rosa.
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