Bei tempi quando si spalmava il burro. Venne poi la Nutella. Da qualche tempo il campionato di calcio, serie A. Bei tempi quando, nelle ultime giornate, il fischio di inizio coincideva su tutti i campi. Oggi chiamasi spezzatino, ormai scomparso nei menù di qualunque ristorante, trattoria, bettola ma presente nella testa e nel portafoglio di chi gestisce calcio, diritti (e dritti) tv. Per esempio oggi si giocano due partite, la prima alle 18 con i campioni d'Italia che affrontano il Napoli i cui progetti europei dipendono proprio dal risultato odierno. Poi, a sera, il Genoa contro l'Inter, entrambe interessate all'Uefa di cui sopra. Domani a pranzo la Sampdoria, con analoghe fregole, va ad Empoli, nel pomeriggio la Fiorentina, idem come sopra, a Palermo, a sera c'è il Torino con ultime voglie continentali a San Siro contro il Milan e lunedì, gran boiata finale con il derby tra Orazi e Curiazi. Regolare no?
E' tutto vero, tutto profondamente ridicolo, tutto made in Italy, perché i dirigenti del football e quelli delle tivvù se ne fottono del mercato estero, non possono vendere lo straccio di una partita collocata, come è, ad ore di notte fonda per gli orientali di Cina e Giappone (in Spagna, per dire, una delle grandi ha sempre giocato alle 16 del sabato, che significa alle 22 di Pechino o alle 23 di Tokyo). Ma qui si parla di regolarità, di contemporaneità, roba che ormai non interessa più.
C'è poco da ridere, il caos regna sovrano, Lotito comanda e dice di andare avanti come un treno, non accorgendosi che sta viaggiando su un binario morto, Tavecchio è un uomo solissimo al comando, Galliani sceglie il silenzio, De Laurentiis attacca Platini, Della Valle (Diego) finge di fare il presidente, Ferrero fa il furbo, Thohir sta a Giakarta, Pallotta a Boston, Malagò interviene a prescindere, l'assemblea condominiale procede tra gli schiamazzi. Si progetta di portare fuori dal paese le fasi finali della coppa Italia, sarà necessario informare Mattarella, dovrà programmare una trasferta per consegnare il trofeo.
E' il nostro calcio, non soltanto afflitto dai mali di corruzione, comuni al resto del vivere sociale, ma disposto a vivacchiare tra cattive abitudini e una mentalità bottegaia, incapace di rispondere al primo ministro, il quale, in televisione, ha avuto la faccia di denunciare il sistema militaresco, i controlli agli ingressi, i
tornelli, tutto il resto che opprime questo sport dimenticandosi (e nessuno lo ha voluto ricordare al Renzi Matteo) che è proprio il governo ad avere imposto queste leggi, regolamenti e norme al calcio.La commedia continua.
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