il commento 2 Tifare contro non significa essere razzisti

T occare in punta di dita. L'argomento brucia e c'è rischio di scottarsi. I più sconsolati immaginano già i ritornelli di San Siro, le scritte becere, il bullismo razzista che si prende la parte e il bello del derby che diventa un «non ti scordar di me» per giudice sportivo e autorità costituite. C'è Balotelli a San Siro e il brivido corre sul web, si insinua in twitter, esplode in facebook, fa tremare radio e tv. Ovviamente non si parla di gol, ma di razzismo, ululati, tifo contro. Ecco: tifo contro. Qui sta il problema. Gli interisti vogliono far la festa a SuperMario. Nei loro diritti, basta che si parli di tifo e non di linciaggio. E viceversa, basta che non si scambi il tifo contrario per razzismo. La domanda è lecita, la risposta dubbia. Sul web si è letto anche di questo umanissimo interrogativo. Cosa è tifo contro per non essere scambiato per razzismo? Il politically correct direbbe: basta non ululare, non aggiungere epiteti mirati, non raccontare che non ci può essere un italiano nero come è già capitato di recente. Benissimo. Anche se i buuuh! sono finiti in faccia ai bianchi dai tempi dei tempi, prima di inventarli come colonna sonora razzista. Andrebbe aggiunto: il razzismo si agita pure contro i visi pallidi, magari del sud. E che tifo è quello che insulta madri e padri? Sfumature che certificano l'ipocrisia di un paese, questo sì, a sfondo razzista.
Da quando Balotelli è tornato a Milano tutto si concentra sul giorno del derby, sul timore che i tifosi esagerino. E nessuno che abbia ammesso una realtà forse più onesta: SuperMario si attira l'antipatia per gli atteggiamenti, per i guai combinati, per quell'aria strafottente che non tira mai indietro, per quel modo indisponente di stare in campo, perché sembra un bullo da strade americane. Se poi il colore della pelle aumenta l'acrimonia... Ma perfino in Italia tanti giocatori di colore sono passati indenni dagli stadi. Bisogna saper distinguere. E magari ricordare le colpe dell'Inter: nessuno le impediva di tenerselo. Moratti dice che il tipo gli è simpatico: forse per dimenticare, o far dimenticare, che lo ha venduto lui, dietro indirizzo della squadra e dei dirigenti.

Balotelli avrà pur gettato la maglia, indossato quella rossonera, ma è nato in casa nerazzurra, ha contribuito alla conquista degli scudetti e poteva diventare un bomber del futuro. Ecco la vera domanda: chi si merita la contestazione?

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