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Così la F1 uccide il suo ultimo eroeil commento 2

L'ultimo eroe della Formula uno non è Senna ma un capellone vissuto tempo prima. Per fortuna non così tanto prima da annebbiarsi tra i ricordi in bianco e nero dei Fangio e i Clark. L'ultimo eroe si chiamava James Hunt (nella foto). Un bellone e capellone inglese che ha vissuto sciupando femmine e sciupando se stesso e sciupando persino un mondiale che la Ferrari credeva quasi vinto. È la nota vicenda del duello con Lauda al rientro dopo l'incidente del Nurburgring, anno 1976, e del ritiro dell'austriaco nella gara finale di Suzuka. Ritiro che consegnò il mondiale al l'inglese.
James è morto nel 1993. Aveva 45 anni. La versione ufficiale fu arresto cardiaco. Ma fumo, alcol ed eccessi vari non furono certo estranei. Perché Hunt continuò a vivere come ai tempi in cui correva. Per cui divertendosi e letteralmente bevendosi la vita. Un George Best dei motori. Era bello. Era veloce. Era ricco. Era uno che adesso diremmo bucava il video. Ultimo esempio di quei cavalieri a trecento all'ora che, pensionati o morti che siano oggi, si rivolterebbero su divani o nelle tombe a osservare i loro eredi. Tranne uno. Kimi Raikkonen. Che un po' vive alla Hunt. E che ha omaggiato James con un casco dedicato: «Kimi on the Hunt». Doppio senso. Kimi a caccia. Solo che Hunt è un marchio registrato. Per cui non poteva essere inquadrato dalla onboard camera della Lotus. Così gli uomini di Ecclestone hanno detto a Kimi di cambiare casco o coprirlo. Raikkonen ha prima risposto alla Hunt, «se ad Ecclestone non va bene sono affari suoi». Poi qualcuno l'ha convinto.

E la F1 ha ucciso il suo ultimo eroe. BCLuc

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