Nel 2017 al governo c'era Gentiloni, Francesco era al soglio di Pietro, due guerre e una pandemia erano ancora di là da venire. Di quel mondo lontano resiste la difficoltà di una Nazionale che allora come oggi si affanna per tornare a un Mondiale che non gioca dal giugno 2014. L'Italia mancò dopo 60 anni la qualificazione, dicendo addio a Russia '18 nel doppio confronto con una Svezia (cugina di quella del biscotto all'Europeo di 13 anni prima) sulla carta abbordabile. A pagare fu Ventura, ct già 69enne e in carriera più abituato a obiettivi di bassa classifica che di vertice e che prima di arrivare a Coverciano (in Azzurro 10 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte con 1,94 di media punti) aveva lasciato il Torino al 12mo posto in A. Meglio cambiar pagina e puntare su uno come Mancini - 2,08 a partita: 36 vinte, 15 pari, 8 ko - che a vincere era sì abituato (3 scudetti, una Premier, 6 Coppe Italia e 2 Supercoppe italiane) e che semmai era meno avvezzo a tirare fuori i piedi dal pantano, come dimostrò buttando nel cestino da campione d'Europa in carica il biglietto per il Qatar nel marzo '22, con lo 0-1 contro la Macedonia del Nord. Rispetto a quell'11, nella sfida interna contro la Norvegia di sabato a San Siro era in campo quasi il 37% degli stessi giocatori: Donnarumma, Mancini, Bastoni e Barella. In panchina, invece, un Gattuso che dopo 5 vittorie consecutive da ct ha perso nello stadio vissuto in 13 stagioni di Milan.
L'incarico a Ringhio per il post Spalletti era arrivato non senza perplessità, visti i pochi acuti in panchina tra Pisa, Milan, Valencia, Marsiglia e Spalato, ma con una Coppa Italia a Napoli. Una scossa emotiva gli era stata chiesta però con l'affido dell'incarico e la stessa gli si richiede oggi per dimostrare che ci può essere due senza tre, portando stavolta l'Italia ai Mondiali. Puntando sul temperamento che gli è proprio, visto che in Nazionale i tempi ristretti non permettono di allenare più di tanto la tattica. "Gattuso deve insistere sui valori che questa squadra deve avere, al di là degli aspetti tecnici", spiega un altro grande ex rossonero come Demetrio Albertini. "Rino è uomo di cuore e grinta e sicuramente saprà trasferire questi aspetti morali".
Aspetto su cui, in vista dei playoff, un altro ex milanista come Filippo Galli va più cauto: "Motivazioni? Non credo i giocatori abbiano bisogno di un Rambo che li sproni, gli incentivi te li deve dare la maglia che indossi. Credo sarà più importante la condizione dei giocatori agli spareggi e la loro voglia di sacrificarsi", conclude. Facendo però anche un appunto sulle scelte del ct: "Io uno come Pinamonti lo avrei portato".