Cuore, fango, sudore Al gran ballo del pavé il tempo si è fermato

Cuore, fango, sudore Al gran ballo del pavé il tempo si è fermato

Per loro la Pasqua inizierà solo questo pomeriggio, sul calar della sera. Prima, per i 200 corridori chiamati a disputare l’edizione numero 110 della Parigi-Roubaix, sarà solo una lunga ed estenuante via crucis sulle strade della corsa ciclistica più folle e anacronistica che ci sia.
Da Compiegne (partenza questa mattina alle 10.10), al velodromo di Roubaix, laggiù, al confine della Francia, dove inizia il Belgio. Dall’inferno al paradiso, lungo 257 chilometri tortuosi, tormentosi, sobbalzanti, frementi e snervanti. Strade strette, strade piatte. Pavé da domare, ma anche da amare. «Queste strade o si amano o si odiano: non ci sono le vie di mezzo», dice Pozzato, che correrà con un casco con scritto «Merci Ballero» (per ricordare l’ex ct vincitore di due Roubaix). Strade d’amare, ma più spesso amare.
Strade piatte, non c’è nemmeno un metro di salita. Ma queste strade di campagna, che un tempo erano lembi di cubetti di porfido percorsi solo da automezzi sgangherati che trasportavano carbone e da anni sono monumenti nazionali, numerati e stellati, diventano più duri dei tornanti dello Stelvio. «Il Carrefour de l’Arbre, quart’ultimo settore di una corsa massacrante, è duro quanto il Mortirolo», assicura Francesco Moser, che di Roubaix se ne intende, avendone vinte tre consecutivamente.
«È una corsa dove il tempo sembra essersi fermato - racconta Filippo Pozzato, secondo al Fiandre domenica scorsa e secondo nel 2009 nell’Inferno del Nord alle spalle del belga Tom Boonen, il grande favorito di oggi che insegue il poker di Roger De Vlaeminck -. Su queste strade si respira l’epopea del ciclismo. Il mondo si evolve, migliora, le strade si fanno più belle e scorrevoli: meno che alla Roubaix. La Foresta di Arenberg (2.400 metri di pavé), sembra ogni anno un po’ peggio. Va affrontata di petto. Chi entra per primo ha la speranza di poter uscire da quel punto nevralgico, posto a 85 chilometri dall’arrivo, nelle posizioni ideali per inseguire un sogno. Quello è come un setaccio: chi esce da lì in piedi, può sperare e pensare di giocarsi la vittoria fino in fondo. Chi salta per aria è finito».
Tom Boonen sogna il poker, ma anche la piccola Italia si presenta al gran ballo del pavé con sogni e ambizioni. C’è anche Alessandro Ballan, terzo nel Fiandre di domenica scorsa e due volte terzo nella «regina delle classiche».
«Sto bene, ho una squadra forte - dice l’ex campione del mondo di Varese -, ma in una corsa come la Roubaix bisogna anche avere una grandissima dose di fortuna. Basta una foratura, qualcuno che ti faccia cadere su quelle strade sconnesse, polverose e spesso scivolose per abbandonare ogni sogno di gloria. Ma in questa corsa occorre avere almeno due cose: forza e tenacia. Anche quando sembra tutto perso, non bisogna darsi per vinti. La Roubaix va contro ogni logica. È una corsa bastarda e maledetta, ma sta proprio in questo il suo ineguagliabile fascino. Anche chi arriva per ultimo al velodromo di Roubaix si sente qualcuno.

Dopo 27 settori di pavé (51,5 km di pavé su 257 di corsa, ndr) e più di sei ore di corsa, ognuno a suo modo si può ritenere un po’ un eroe. Moltissimi corridori la odiano, io la amo. La Roubaix non accetta le mezze misure». E nemmeno i mezzi corridori.
Diretta su Rai Sport 2 dalle 13. Su Eurosport dalle 12.50.

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