MilanelloHa una grande sicurezza da esibire, la prima. «È la serata più importante della stagione» racconta senza accusare la minima fibrillazione. Sembra anzi persino divertito dall’idea di vivere un’altra notte per cuori forti. La seconda è una questione esclusivamente matematica: «Chi è primo domenica sera alle 23 ha vinto lo scudetto» sostiene Allegri e non bisogna aver frequentato la Bocconi per convenire col livornese. Che adesso sembra quasi stuzzicato dall’idea di passare per un apprendista stregone. Il precedente è clamoroso. «Molti consideravano chiusa la questione tricolore, io no. Io sapevo che qualcosa poteva ancora accadere e magari qualcosa succede anche domani (oggi per chi legge, ndr)», sostiene mentre un sorriso malizioso gli incornicia il viso improvvisamente illuminato da quel gol del Lecce, capace di ridare linfa vitale al campionato e al duello per lo scudetto ancora sospeso sulla To-Mi. È una sorta di macumba, d’accordo ma è l’unico sistema per intossicare la penultima di Conte e della Juventus, visto che «chi ha tutto da perdere è la Juve, dipende solo da loro», o un tentativo di moltiplicare la pressione. Meglio infatti mettere da parte l’argomento più gettonato a Milanello, il famoso gol di Muntari. «Non conviene parlarne, ho già annoiato tanta persone, si vede che sto invecchiando, sto diventando noioso» è la stoccata indirizzata a Conte. I due non si amano, anzi si detestano cordialmente ma in pubblico Allegri non può evitare i complimenti «per il gran lavoro svolto» mentre può incassare la fiducia del presidente Berlusconi che per qualcuno rappresenta una sorpresa o addirittura una notizia ed è invece solo una conferma di decisioni prese in largo anticipo. «Ho sempre avvertito la fiducia del presidente, la verità è che abbiamo vissuto 20 giorni difficili coincisi con l’eliminazione dalla Champions e la perdita del primato in classifica» la ricostruzione del tecnico che adesso può sentirsi più in sella che mai. Amarezza e delusione hanno scavato una piccola buca sotto la sua panchina, poi ricoperta dalla ragione e anche dal gol del Lecce.
L’altra sicurezza di Allegri è riferita al derby che può decidere tutto e niente. Può solo vincerlo, intanto per riguadagnare il primato di Milano dopo averlo smarrito all’andata, quindi per ritagliarsi la sicurezza matematica dell’ottavo posto nella prima urna della prossima Champions, inoltre per provare a fare più punti rispetto all’anno precedente, infine perché gli girerebbe «finire a pari punti, con la differenza degli scontri diretti» e qui meglio chiudere la sfida senza la beffa per non tornare a Muntari e al fermo-immagine del telefono di Galliani, ieri ammirato sulla bici a Milanello in compagnia di Thiago e Pato. L’ultima sicurezza di Allegri è quella di riuscire ad apparecchiare una prova più convincente di quella più recente, contro l’Atalanta. «Saranno diverse le motivazioni di tutti» è la sua semplice spiegazione. Garantito l’impegno massimo del Cagliari, il suo Cagliari al quale dedica una serenata non avendo voluto e potuto girare neanche un sospiro in queste ore. «Tutti loro e Cellino che mi ha tenuto dopo le prime 5 sconfitte sono stati la mia fortuna, con loro ho vissuto due anni straordinari» è la sviolinata. Di più non può certo dire «anche per evitare equivoci spiacevoli». Non è il tempo giusto, questo.
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