Antonio Di Natale soffia sulle quaranta candeline e dopo averle spente tutte magari si sofferma a pensare a quanto ancora potrebbe regalare al calcio italiano, ricco di talenti sì, ma ancora acerbi. «Purtroppo con la carta d'identità non si può barare - ammette - e poi il mio erede esiste ed è fortissimo, si chiama Lorenzo Insigne». Buttando uno sguardo alle spalle Di Natale racconta di non avere particolari rimpianti, «ho avuto la fortuna di fare quello che più mi piaceva. Poi un giorno, seduto nello spogliatoio del Friuli, ho visto intorno a me ragazzi giovanissimi. È stato in quel momento che ho capito che era arrivato il momento di fermarsi».
Lei segnava a raffica anche a 38 anni. Qual'è il segreto della longevità sportiva?
«Le origini. Noi napoletani siamo affamati. A Napoli iniziamo a giocare in strada a 5 anni per cui siamo preparati a tutto e forse per questo abbiamo una marcia in più».
Nell'Udinese è diventato un'icona, un po' meno in nazionale.
«Alla fine sono contento per gli obiettivi raggiunti. Ho giocato due europei e un mondiale. Credo che 42 presenze in maglia azzurra non siano frutto del caso. Ho sempre dato il massimo, e gli allenatori che mi hanno convocato lo sanno bene».
Lei incorona Insigne come suo erede, ma il panorama non le sembra arido?
«Tutt'altro. Belotti è un ottimo attaccante, così come Immobile. Sono piovute parecchie critiche sulla nazionale ma ha cambiato molto. E il ricambio generazionale non può avvenire in modo affretto».
Lo spareggio per la Russia non sarà una passeggiata di salute. E se accadesse l'imponderabile?
«Non voglio neppure pensarci, in Italia scoppierebbe una guerra».
Meglio passare in rassegna la sua carriera a Udine. Perché ha scelto di rimanerci a vita?
«Stavo bene e ci sto bene anche adesso. È una città che mi offre tutto ciò di cui io e la mia famiglia abbiamo bisogno, compresa la serenità».
Napoli e Juventus avrebbero fatto carte false pur di averla in squadra.
«Ho ricevuto anche parecchie offerte dall'estero. Ho detto di no al Liverpool ad esempio. Voltare le spalle al Napoli è stato doloroso. Sono tifoso e avevo il timore di sbagliare. Resto convinto di aver fatto la scelta giusta».
Lei in Serie A ha realizzato 209 reti, è il sesto cannoniere della storia. Ci sarà stato qualche difensore che l'ha fatta soffrire.
«Ho vissuto sfide di grande intensità con Cannavaro, Thuram e Maldini, ma quando dovevo affrontare Cordoba dell'Inter erano problemi seri. Aveva una velocità supersonica, sapeva anticiparmi. Sono sempre stati duelli duri, ma molto leali».
Anche questa volta Cristiano Ronaldo e Messi si contenderanno il Pallone d'Oro. Lei a chi lo assegnerebbe?
«A Gigi Buffon, è un fenomeno. È un campione in campo così come nella vita. Credo che l'investitura di migliore al mondo debba tenere conto anche delle doti umane di un atleta».
Oggi festeggia gli anni, domani?
«Gestisco un'attività immobiliare e ho aperto una scuola calcio. Il pallone farà ancora parte della mia esistenza».
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