Sochi 2014

Diario dai Giochi / Cara Dada, io so che cosa vuol dire...

Caro diario, oggi provo a spiegarti cosa significa arrivare quarti all'Olimpiade

Diario dai Giochi / Cara Dada, io so che cosa vuol dire...

Caro diario, oggi provo a spiegarti cosa significa arrivare quarti all'Olimpiade. Daniela Merighetti e Ale Pittin mi hanno rinfrescato la memoria, che in realtà non si era mai offuscata, pur cambiando contorni col passare del tempo. Io la famosa “medaglia di legno” (quante volte me lo sono sentito ripetere…) l'ho vinta a Lake Placid nel 1980 in slalom, 3/100 dal bronzo di colei che da allora è stata l'incubo della mia carriera, Erika Hess. Una svizzera piccola, tosta e un po' incazzosa proprio come la Lara Gut che ieri ha preceduto Dada per 17/100. Io allora dovevo compiere 18 anni e quel giorno a tenermi su di morale fu il pensiero che avrei avuto molte altre occasioni (le cose andarono poi diversamente…). Dada di anni ne ha quasi 33 ed è ben consapevole del fatto che così vicina al podio olimpico non ci andrà probabilmente mai più, anche se sabato sarà di nuovo in pista nel superG. Ale Pittin è in una situazione diversa. Lui sul podio olimpico ci è già salito 4 anni fa e come pochi quindi può cogliere la differenza fra terzo e quarto posto. Perché ci sia poi tanta differenza è difficile dire, forse bisognerebbe risalire all'invenzione del podio a tre gradini. Perché non quattro, o sei? Chi fa sport comincia presto a capire l'abisso che c'è fra terzo e quarto posto: alle gare dei bambini i primi tre hanno la coppa e il quarto niente. Crescendo poi si realizza che arrivare terzi conviene perché i contratti delle aziende prevedono premi in denaro per i primi 3, così come il Coni o le federazioni. Ma non sono i soldi il primo pensiero di chi arriva quarto. Quel che fa più male è vedere i primi tre onorati e chiamati per foto, cerimonie, interviste, mentre tu, magari per un pugno di centesimi, stai nel mucchio né più né meno come il 30°.

È solo a fine carriera che la verità emerge nella sua semplicità: una medaglia olimpica può aprire porte o strade privilegiate, ma alla fine uno è solo quello che è, con o senza nastrino al collo.

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