La difesa e il San Paolo tradiscono Sarri e i progetti scudetto

Un azzardo puntare tutto sul campionato Il gioco spettacolo può non bastare a vincere

di Davide Pisoni

nostro inviato a Napoli

Che fosse una settimana pazza a Napoli, si era capito dalla neve caduta su una città imbiancata come non capitava da cinquant'anni. Ma se possibile i quattro gol della Roma vanno oltre. Piove di tutto, insomma, su Napoli che fatica a riprendersi da una serata che ha trasformato il sogno in incubo. Una città mandata a letto da Sarri con parole che suonano come una resa: «Lo scudetto non ci riguarda».

Inaccettabile dopo averci puntato sopra tutte le carte azzurre. I titolarissimi in campionato e il turnover in Champions; la coppa nazionale snobbata così come l'Europa League. Non si può far finta di niente. Vero, la Juve ha due squadre e quindi può lottare su tre fronti, ma Sarri ha deciso di inseguire solo il sogno tricolore, ora non può contraddirsi. Sono pericolose acrobazie comunicative del bancario che fu, come se si fosse trovato a maneggiare un gruzzolo più grande di lui. Ha ostentato la sua ricchezza, il bel gioco, con paragoni azzardati: «Saremo ricordati come l'Olanda degli anni Settanta». Siamo al limite del volo pindarico. Il mondo reale dice che il San Paolo avrebbe scambiato senza pensarci l'uno a zero brutto da vedere della Signora contro la Lazio, con lo spettacolare quattro a due che ha condannato Insigne e compagni contro la Roma. Certo i numeri dicono che il Napoli ha attaccato, si è imbattuto nei miracoli di Alisson. Sarri ha raccontato che con queste cifre di solito si vince tre a uno. Sicuramente significa che la squadra è viva e quindi che nulla è finito.

L'allenatore della capolista, ora virtuale perché la Juve è a un punto e ha una partita da recuperare, è se stesso solo quando in coda a una serata destinata a lasciare il segno dice: «Basta masturbazioni mentali». A quel punto aveva già smesso anche i panni malvestiti del polemizzatore: «La Juve che gioca prima? Avevo già detto tutto due mesi fa. Ora non voglio scuse». Ma spiegazioni. Perché quelle quattro palle di neve sparate in faccia dalla Roma aprono una riflessione. Perché è successo? L'allarme è questo. Perché il vero punto di forza fino a sabato era stata la difesa. Invece Dzeko e i suoi paggetti, Under e Perotti, l'hanno sepolta clamorosamente sorprendendo lo stesso Sarri.

Gli applausi del San Paolo quasi a far finta che nulla fosse successo, a nascondere che proprio nella sua casa inospitale il Napoli sta rovinando la propria stagione. Il City con altri quattro gol l'aveva spinto fuori dalla grande Europa, i tre del Lipsia dalla piccola Europa; l'Atalanta l'ha eliminato dalla coppa Italia; l'ex Higuain a dicembre e adesso il poker giallorosso rischiano di compromettere il sogno scudetto.

C'è un però. La grande bellezza è fine a se stessa, l'essenza è tutta nella vittoria. Anche per un popolo di sognatori come quello del Napoli.

Adda passà 'a nuttata anche per De Laurentiis al quale il pallone rende più del cinema ultimamente, ma uno scudetto non ha valore e magari farebbe passare la voglia ai tifosi di cantargli: «Tu non sei napoletano». E per uno che ha fatto successo con i cinepanettoni e non con i film d'essai, è meglio vincere che essere bello. Vale ovunque, anche a Napoli, non solo alla Juventus.

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