Roma - Il Milan è zeppo di calciatori italiani (ben 6 nell'undici titolare), ma il protagonista del pomeriggio dell'Olimpico è un altro elemento di casa nostra. Immobile fa sorridere la Lazio dopo aver fatto tirato un sospiro di sollievo al ct Ventura e boccia i rossoneri dal peso d'oro (oltre 200 milioni messi sul mercato, molti dei quali lasciati però in panchina all'inizio del match) nel primo vero esame del loro campionato.
Super Ciro chiude la sua splendida settimana - martedì il gol a Israele che ha proiettato l'Italia ai playoff mondiali, ieri la seconda tripletta in A dopo quella segnata con la maglia del Toro al Livorno tre anni e mezzo - e si conferma un incubo per le big del nostro torneo. Due reti alla Juve battuta in Supercoppa, tre (più un assist per il poker di Luis Alberto) al Milan che arrivava da un cammino fatto solo di vittorie tra preliminari di Europa League e campionato. «Non so quante squadra faranno 4 reti al Milan in questa stagione - ha sottolineato l'attaccante della Lazio, protagonista di un duro faccia a faccia con Bonucci alla fine del match, forse perché non gli ha regalato la maglia -. Anche noi nella corsa Champions? Continuate pure a parlare delle altre, noi arriveremo a piccoli passi, la strada giusta è questa».
Dodici minuti di fuoco - tra la fine del primo e l'inizio del secondo tempo - mandano il Diavolo all'inferno. La pioggia copiosa caduta in mattinata aveva fatto slittare di un'ora l'inizio della gara che regala come canovaccio - a parte un confortante inizio rossonero - il dominio della squadra di Inzaghi, espresso con una prova di forte maturità e gran gioco. Inutile il gol di Montolivo, congelate le ambizioni del Milan, che non ha saputo reggere il confronto nello snodo decisivo della partita.
La scelta del tridente leggero (Suso, Cutrone, Borini) stavolta non paga, il centrocampo guidato dall'ex Biglia (fischiatissimo) commette troppi errori in fase di impostazione, la difesa fa acqua con un Bonucci ancora non al meglio atleticamente e probabilmente a disagio nei meccanismi del modulo a 4, lui che era abituato a giocare a tre nella Juve. Alla lunga, è parso sbagliato lasciar fuori dai titolari gente come Calhanoglu, Kalinic e Bonaventura. «È una brutta sconfitta che fa bene, ci sono state tante cose negative sulle quali dobbiamo lavorare - così Montella nella pancia dell'Olimpico -. Siamo andati tutti male, me compreso. Un episodio a livello psicologico ha cambiato la gara, il calcio d'angolo dove la Lazio stava segnando. Da lì abbiamo perso coraggio e loro sono stati cinici. Dobbiamo ancora diventare squadra, la Lazio ha dimostrato di esserlo più di noi. Il nostro obiettivo è arrivare più in alto possibile, magari prima anche della Lazio in classifica. Le critiche a Bonucci? Avrà ancora più stimoli. Il modulo? Avrò modo di cambiare in futuro».
Zitta zitta, a fari spenti la Lazio si accoda al trenino delle big di testa. Nei titolari la truppa di Inzaghi - che ha costruito un altro capolavoro - pare competitiva, specie se Immobile continua a segnare con tale frequenza (già sette reti, compresa quella in azzurro, a inizio stagione), ma la panchina - almeno in attesa dei rientri pesanti di Felipe Anderson e Nani - è forse un po' corta. «Siamo una squadra umile e disponibile: possiamo toglierci delle soddisfazioni - ha sottolineato il tecnico biancoceleste che molti vedono come erede di Allegri alla Juve -.
Quando ho saputo che la partita poteva essere rinviata, ho pensato che sarebbe stato un peccato: in settimana avevo visto il gruppo in grado di fare una bella prestazione. Obiettivo Champions? In serie A ci sono delle corazzate costruite per questo traguardo».
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