
Le diverse voci sullo stato di crisi del Milan americano portano tutte a una conclusione fondamentale: il panico di affidarsi a gente di calcio (dopo le esperienze di Leonardo, Boban e Maldini) è stato il peccato originale da cui sono discese poi le scelte sbagliate e il mancato controllo di quello che accadeva a Milanello dai primi tempi di Fonseca fino all'ultimo giorno tormentato di Conceiçao. La prima lezione è quella firmata da Sandro Nesta, al passo d'addio con il Monza, e protagonista di un altro celebre e celebrato Milan. Ha spiegato semplicemente: «Servono uomini veri oltre che calciatori». Al Milan sono mancati clamorosamente. A tal punto da suggerire a Matteo Gabbia, capitano di fatto del team, uno dei pochi italiani presenti a Milanello, il seguente avvertimento: «Penso sia giusto che resti qui solo chi vuole davvero rimanere». Come dire: c'è gente che ha pensato ad altro! E a rincarare la dose ha provveduto Alessandro Florenzi: «I tifosi non meritano un Milan così». Se poi incrociamo queste frasi con l'ultima scelta di Conceiçao di lasciare in panchina Jimenez, Theo e Leao, viene fuori l'altro scenario del quale bisognerà prendere atto nella ricostruzione della prossima stagione. Non è stato un capriccio del tecnico portoghese e del suo staff: è stato un ultimo campanello d'allarme suonato per chi avrà il compito di dirigere i lavori del prossimo Milan. Di qui la sintesi è forse nelle stesse parole di Giorgio Furlani, accusato numero uno della curva: «Gli errori non sono stati uno solo (riferimento al mancato arrivo di Antonio Conte, ndr)».
La contestazione organizzata dalla curva sud è arrivata negli Usa, ripresa e rilanciata dal New York Times. Piuttosto lo striscione esposto fuori dai cancelli di San Siro riferito alla decisione del club di costituirsi parte civile nel processo penale contro le curve milanesi (insieme con l'Inter, ndr) è una chiave di lettura ormai chiara. Così come l'accento critico riservato a Franco Baresi, uno che decise di rinunciare alla carriera per vivere la serie B col Mian di Farina e Rivera, è il segno di una memoria ormai sepolta.
Esaurita la protesta, ora tocca allo stesso Milan la ricostruzione. Che parte dalla presenza subito attiva di Igli Tare e dalla scelta dell'allenatore. Max Allegri non ha chiuso con nessuno dei pretendenti: chi prima arriva a casa sua, meglio alloggia. Ma poi sul mercato sarà determinante una mossa che viene considerata la chiave di lettura delle intenzioni rossonere: la conferma di Reijnders, richiesto dal City.
Furlani sul punto è stato risoluto: «Per come siamo messi (bilancio alla mano cioè, ndr), non abbiamo bisogno di una cessione». Eventuali contraccolpi alla mancata Champions saranno avvertiti nel bilancio di giugno 2026.