Non ce l'ha fatta ad andare sul traguardo. Ha preferito restare a casa, con il suo dolore.
«A me poteva succedere la stessa cosa. Mi sono girato un attimo e un corridore mi ha tirato giù. Non mi ricordo nulla: mi sono risvegliato che ero in ospedale con una clavicola frantumata in quattro punti e tre costole incrinate».
A Daniele Bennati è andata sicuramente molto meglio. Ora racconta la sua brutta disavventura, occorsagli una decina di giorni fa nella prima tappa del Giro della Romandia, ma piange la perdita del compagno di squadra, di un amico che aveva imparato a conoscere dal gennaio di quest'anno, quando si erano trovati tutti e due sotto la stessa bandiera, quella del Team Leopard.
«Wauter era un ragazzo davvero speciale - ci racconta Daniele -. A gennaio avevamo corso assieme in Qatar e in Oman, poi tanti ritiri, tante corse, tra noi due era nato subito un buonissimo feeling. Caratterialmente ci assomigliamo anche un po': tutti e due molto tranquilli e riservati».
Si è reso conto subito della gravità della caduta?
«Quando ho visto in tv le immagine del suo corpo immobile sul selciato ho capito che Wauter era morto. In quel preciso momento ho cominciato a piangere. Mi sembra di vivere un incubo: non riesco a darmi pace. Pensa che qualche settimana fa mi aveva inviato la foto dell'ecografia della sua bimba. Era felice».
Aveva talento?
«Tanto. Era forse solo ancora un po' acerbo, poco cattivo, ma era un fior di velocista. Io l'avevo scelto come uomo di fiducia deputato a tirarmi le volate. Era molto veloce, tanto è vero che aveva già vinto sia al Giro che alla Vuelta. Lui al Giro al mio posto? Una vera sciocchezza, lavevo voluto io in squadra per tirarmi le volate. Al mio posto è poi andato Brice Feillu».
Tecnicamente come era?
«Uno che sapeva guidare perfettamente la sua bicicletta, tanto è vero che adorava le corse del pavé: sperava di vincere un giorno la Roubaix, la corsa dei suoi sogni».
Cosa si porta nel cuore di Weylandt?
«Tante piccole cose: soprattutto una colazione che questo inverno siamo andati a fare assieme a Maiorca, al termine di tre giorni di allenamento duro. Andammo in una pasticceria e lui si mangiò una bella fetta di torta al cioccolato. Era goloso e felice come un bimbo. Quel sorriso resterà per sempre nel mio cuore».
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