Le luci del San Paolo si accendono sul primo esame da grande del Napoli. Torna la Champions, torna la musichetta che tanto piace agli allenatori. Piace a Rafa Benitez, che la Coppa dalle grandi orecchie l'ha alzata otto anni fa a scapito del Milan. Piace a Jurgen Klopp, che l'impresa con il Borussia Dortmund l'ha invece solo sfiorata quattro mesi fa. Due stili diversi: elegante e diplomatico lo spagnolo di Madrid, con la bacheca già piena di titoli; vulcanico e anticonformista il tedesco di Stoccarda, l'uomo nuovo del panorama europeo già elogiato anche da Mourinho.
Trasmette tranquillità Don Rafè, uomo corpulento con la strana passione per i calzini bizzarri, decorati con i personaggi dei cartoni animati, che gli regalano le sue figlie. Un allenatore che ha saputo nell'arco della sua carriera conquistare trofei in Spagna, in Inghilterra e infine in Italia nella pur sfortunata parentesi interista. Coppe, trofei, successi ottenuti con squadre di buon livello, altro che corazzate da sceicchi. E poi il rapporto con la stampa e con l'ambiente che ne fanno un maestro di calcio e di comunicazione: parole posate, tanta voglia di lavorare, un modo di fare che conquista.
In campo poi Benitez ha dato quella dose di sfrontatezza a una squadra chiamata a fare finalmente il salto di qualità, d'altronde con i campioni è abituato a lavorare da sempre. E in una città meravigliosa come Napoli dove la gente può arrivare ad amarti alla follia, spesso si guarda intorno e poi smorza la tensione con un sorriso. L'integrazione sta procedendo a gonfie vele, la scintilla con i tifosi si è accesa subito, la fiducia sembra reciproca. Per De Laurentiis, che ha già scaricato Mazzarri, è l'acquisto più importante. «Il Borussia è la migliore ma non ci fa paura, attaccheremo», così Don Rafè alla vigilia.
Klopp è la «matricola» un po' discola che sta arrivando al diploma finale. Partì da Mainz, città del carnevale che pareva il suo habitat naturale: allegro, battuta sempre pronta, spesso si arrampicava sulle recinzioni a parlare con il megafono ai tifosi. Anticonformista, amante del gioco di Sacchi, di recente ha rivelato che in un ritiro in Svezia con la squadra di Magonza, promossa in Bundesliga, i giocatori erano stati costretti a cucinarsi del pesce in tenda e senza elettricità. Quel gruppo si salvò e poi approdò in Coppa Uefa l'anno dopo.
Il tedesco non ama giacca e cravatta, in campo va con il cappellino in testa e la tuta, pronto per il suo show personale contro gli arbitri. Il Borussia si accorge di lui mentre è commentatore tv «pungente» delle partite della nazionale. Perché Klopp è anche un ossessionato del calcio, uno preparato dal punto di vista tattico e un grande motivatore. L'uomo giusto per far crescere un gruppo di ragazzotti. Risultato: due campionati di fila, una Coppa di Germania e primo double in 103 anni di storia del club. «Il Chelsea? Ho abbastanza soldi per mangiare 3 volte al giorno», la risposta a chi lo accostava ai Blues per il dopo Benitez.
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