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La Ducati chiude il cerchio: da Capirossi e Stoner fino all'allievo piemontese che supera il maestro Vale

Il successo della Casa italiana è di tutto il popolo ducatista: una moto all'insegna della potenza, domata per primo da Loris e dall'australiano. Rossi non ci riuscì

La Ducati chiude il cerchio: da Capirossi e Stoner fino all'allievo piemontese che supera il maestro Vale

Campioni del mondo. La coppa alzata al cielo da Pecco Bagnaia raccoglie i sogni e i sacrifici di tutti i ducatisti. Di un reparto corse fatto di appassionati prima che di professionisti e soprattutto di loro, i piloti che hanno percorso un pezzo di strada di questa meravigliosa favola italiana: Loris Capirossi, Andrea Dovizioso, ma anche Andrea Iannone e Valentino Rossi. Quell'amore mai sbocciato tra Rossi e la Rossa che avrebbe reso immortale il binomio italiano, dieci anni dopo trova il compimento con l'allievo prediletto del Doctor, un piemontese cresciuto nell'Academy VR46. Riservato ma risoluto, Pecco ha saputo sfruttare al meglio la potenza di una moto che si è evoluta da quel lontano 6 aprile 2003, giorno del debutto della Ducati nella MotoGP moderna.

Come nelle più belle favole, l'avventura iniziò con il podio di Loris Capirossi a Suzuka. Sì, perché in quanto a potenza la Desmosedici ha sempre dettato legge. Basta ricordare il giro veloce e record (332,409 km/h ) segnato sul rettilineo del Mugello lo stesso anno. Nessuna moto era andata così veloce. Da allora è stato un crescendo, con la vittoria di Capirex al Montmelo 2003. Sembrava già che pilota e moto italiani fossero destinati a scrivere una leggenda. Si sono gettate le basi, ma sono serviti 19 anni per trasformare il sogno in realtà. Dopo le faville iniziali di Capirex e Troy Bayliss è iniziata una lunga discesa. Capirossi torna a vincere con le gomme Bridgestone solo nel 2005 nei GP di Malesia e Giappone, in casa Honda. Il passaggio ai penumatici giapponesi in un'era dominata dalle francesi Michelin si rivelerà strategico. Nel 2006 i progressi sono evidenti e la Ducati conquista il terzo posto nella classifica costruttori grazie a 4 vittorie, 3 conquistate da Capirossi e l'ultima da Bayliss, reduce dal titolo Superbike conquistato pochi giorni prima, che sostituisce l'infortunato Gibernau nell'ultima gara della stagione a Valencia.

Nel 2007, anno di passaggio della cilindrata da 990 a 800, Capirossi, ormai bandiera Ducati, viene affiancato dal giovane funambolo australiano Casey Stoner, capace di domare come nessuno la nervosa Desmosedici GP7. Quell'anno Ducati vince il suo primo titolo iridato piloti, 33 anni dopo l'ultimo successo di una Casa italiana, la MV Agusta, nella massima categoria, interrompendo un lungo dominio di moto giapponesi: nello stesso giorno Capirossi ritorna alla vittoria mentre Stoner vince il suo primo mondiale.

Da allora fino ad oggi la Ducati ha rincorso il titolo con tutte le forze. Per riuscirci ingaggiò il Campione dei campioni. L'idillio annunciato e mai sbocciato tra Rossi e la Rossa (2011-2012) fallì miseramente. Ne seguì una grande rivoluzione. Il testimone passa ad Andrea Dovizioso, chiamato a sviluppare la moto e renderla, oltre che veloce, anche agile in curva. Con il forlivese inizia la ricostruzione, supportata dal genio dell'Ing. Gigi Dall'Igna, direttore generale dal 2013, capace di incanalare il grande potenziale di Ducati. Dopo qualche anno di sofferenza iniziano le rivincite per la Rossa e il Dovi. Se non avesse trovato sulla sua strada Marc Marquez, la storia sarebbe stata sicuramente diversa, come raccontano i tre titoli da vicecampione del Mondo.

Nel 2020 largo ai giovani.

L'eredità passa all'allievo preferito del Doctor e quell'idillio tanto sognato di una vittoria di una moto italiana con pilota italiano arriva, quasi come uno scherzo del destino, 13 anni dopo quella di Rossi, ultimo italiano a vincere il titolo iridato MotoGP.

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