Milano - Sporcato da una banda di teppisti arrivati da Zagabria il duello così atteso. Imbrattata la sfida di ieri sera a San Siro dagli striscioni firmati Bad Blue Boys, gruppuscolo della Dinamo di Zagabria: con il loro carico di razzi e petardi, lanciati senza motivo alcuno, sul prato così da rendere inevitabile la sospensione lunga 10 minuti nella fase più calda e anche più delicata della partita. È questa materia sensibile da girare all'Uefa e a chi ha voglia di applicare a questi balordi che girano l'Europa con le tasche piene di fuochi pirotecnici, sanzioni esemplari. Sporcata da questi nuovi barbari, Italia-Croazia conserva alla fine le due imbattibilità scritte sui libri di statistica. A Milano l'Italia non perde mai, a San Siro la Nazionale di qualunque spessore sia, non riesce ancora a piegare la resistenza della Croazia. Dietro questo semplice pareggio che rinvia ogni decisione al prossimo anno sul primato del girone, ci sono tante storie da raccontare e anche qualche conversione calcistica da spiegare per bene.
Il mondo nuovo promesso da Antonio Conte può aspettare. E non solo perché non c'è Balotelli sul quale accendere i riflettori e imbastire un bel dibattito d'antan. Il ct, sull'argomento, è una saracinesca chiusa col lucchetto: non si passa, semmai c'è da fare i conti con lo staff medico per il numero di infortuni che si moltiplica (ieri sera Pasqual dopo meno di mezz'ora) e che rende indispensabile una revisione dei criteri di convocazione. «Dobbiamo stare attenti» è la confessione pubblica del ct. Il mondo nuovo di Antonio Conte può attendere, specie se si tiene il conto degli assenti eccellenti e non (Barzagli, Bonucci, Pirlo, Verratti, Ogbonna, Florenzi) che riducono le riserve auree del calcio azzurro ai minimi termini. D'accordo la Croazia è un rivale (posto numero 14 nella classifica Fifa) capace di mettere in riga chiunque di questi tempi balzani, come sono quelli che seguono le fatiche di un mondiale. D'accordo la coppia Modric-Rakitic, presto separata dall'acciacco del madridista, è un lusso che non tutti possono permettersi e spiega anche la presenza, in panchina, di Kovacic, poi ammirato e studiato da Mancini, in tribuna a poche poltrone da Inzaghi. In attesa del nuovo mondo che forse verrà, Antonio Conte preferisce alzare il bavero della sua Italia modesta (tecnicamente) e operaia per proteggerla prim'ancora che s'alzi il vento perfido della Croazia. Si difende a 5, tra difensori di mestiere collaudato e terzini rimediati (Pasquale e Darmian) nel timore che possa pagare il pegno di una cifra tecnica insufficiente per l'occasione che vale un pezzo di qualificazione al prossimo europeo.
Nemmeno il lampo di Candreva, al suo primo sigillo in Nazionale, gli procura quello sfacciato coraggio che è da sempre il pregio del suo calcio, fatto di frenesie e di agonismo, di corsa e di determinazione, di animo guerriero. Forse perché la gioia e il divertimento durano 4 minuti, il tempo giusto per prendere nota della serata di discutibile genio di Buffon che si lascia passare sotto il costato la stilettata di Perisic. Forse perché l'insulto denunciato da Pasqual comporta un primo ribaltone tattico (Candreva passa terzino a destra, De Sciglio a sinistra) e l'arrivo di un altro debuttante del gruppo, Soriano, comporta qualche rischio, deve orientarsi, prendere posizione, scaldare i motori prima di dare una mano alla compagnia che lo aiuta e lo apprezza. Nemmeno la pausa del tè suggerisce propositi bellicosi in quel ct, stretto nella divisa, ciuffo al vento, che si dimena con un diavoletto quando vede e capisce che i suoi sono in grande difficoltà, patiscono il palleggio prolungato, subiscono le serpentine di Kovacic e la tecnica dei giovanotti di Kovac, prima di arrendersi ai petardi e ai razzi provenienti dalla curva croata.
El Shaarawy e Pellè sono il cambio naturale a Zaza e Immobile spolpati dalle cento rincorse. Il faraone è l'unico che prova una, due, tre volte, l'unico della pattuglia azzurra in grado di mettere pressione al rivale che spreca la più ghiotta occasione per sigillare il successo con il solito Perisic.
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