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Duplantis, il Mozart dell'asta oltre Bubka

Migliora un centimetro alla volta come l'ucraino. Adesso lo superi all'aperto

Duplantis, il Mozart dell'asta oltre Bubka

A rmando Duplantis è nato per stupire, volare e quando nei 15 passi finali di rincorsa diventa una fionda eccolo sul cielo del mondo nel salto con l'asta. Dopo il mondiale al coperto di 6.17 a Torun la settimana scorsa, ecco il centimetro in più nell'arena scozzese di Glasgow. Un prodigio questo americanino di Lafayette che gareggia per la Svezia nel nome della madre, specialista di prove multiple, a poco più di 20 anni ( è nato il 10 novembre 1999). Come lo ha dipinto magistralmente Giorgio Cimbrico, cantore della vera atletica, è lui il Peter Pan del secolo, il Mozart per precocità degli inizi, salta 3.97 a 13 anni, per ambizioni paterne, il padre Greg, astista americano da 5.80, sembra proprio come il Leopold che ha costruito la pedana di Wolfango.

Formichina d'oro con la stessa voglia di stupire come faceva Bubka, l'immenso ucraino, un centimetro alla volta per salire dopo aver lasciato gli altri sui materassi. Non certo un colosso come altri campioni nel salto con l'asta, uno e ottanta di altezza, 70 chili, quindici, venti meno degli avversari. La pedana costruita nel giardino di casa, un amorino dagli occhi curiosi, primo oro ai mondiali under 18 con 5.30 e aveva 16 anni. Oro europeo a Berlino nel 2018 superando i 6.05, record per ventenni, argento l'anno scorso al mondiale di Doha. Un viaggio che sembra facile per uno che corre i 100 in 1069, che salta in lungo 7.15, una storia appena iniziata, una magia che sposta sulla pedana degli acrobati l'attenzione della grande atletica sempre alla ricerca disperata di un dopo Bolt.

Gambe lunghe e sottili, torace a cassetta, sempre leggendo Cimbricus, diciamo un primatista del mondo mozartiano da quando aveva 7 anni. In pratica sono tutti suoi i record dal giorno in cui ha fatto due scelte importati: atletica e niente sport americani anche se magari il baseball gli piaceva, richiesta di vestire la maglia della nazionale svedese e non di quella statunitense, un po' per omaggiare la madre, ma, di sicuro, per evitare la trappola dei trials che costringono i campioni statunitensi negli anni delle Olimpiadi e dei mondiali, a tormentate preparazioni.

Sulla strada per Tokio il nostro Peter Pan vola davvero, polvere dorata sulle spalle, la voglia di stupire. Al coperto non riceve insulti dal vento, cavalca la sua asta e sembra rendere anche di più, ma alla prossima olimpiade i colossi dovranno curarlo bene.

Gli astisti sono una grande famiglia, lui il cucciolo.

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