Il fantasma si materializza in casa. Trecento e quattro giorni dopo la notte di Cardiff, la Juventus torna a guardare in faccia il Real Madrid. Non è una rivincita perché quella era una finale, stasera solo il primo atto dei quarti di finale. Quei quattro gol che hanno cancellato l'illusione della prodezza di Mario Mandzukic, hanno segnato la Signora. C'è chi se n'è andato come Leonardo Bonucci insieme alle voci di un clima da far west nell'intervallo. C'è chi come Paulo Dybala ancora due mesi dopo pensava a un incubo da cui risvegliarsi «da un momento all'altro». Non è un caso che Massimiliano Allegri lanci proprio la Joya alla vigilia: «Farà una grandissima gara». Al cospetto di quel Cristiano Ronaldo, che proverà a battere l'ennesimo record della sua carriera: diventare il primo a segnare in dieci gare di fila di Champions League. La grandezza di CR7 di fronte alla ritrovate freschezza del numero dieci bianconero, che all'Allianz Stadium ha già stravinto una volta il duello contro Lionel Messi nei quarti di finale della passata edizione.
Già perché racconta un paradosso la Juventus, che è tornata nelle ultime quattro stagioni ha frequentare da protagonista il palcoscenico della Champions, come ha sottolineato con orgoglio Allegri. Ha eliminato i più forti, ma ci ha perso in finale. È successo con il Real Madrid fatto fuori tre anni fa in semifinale, per poi incassare il devastante poker di Cardiff; è successo con il Barcellona castigato nei quarti l'anno scorso, dopo l'amaro tris di Berlino. Eppure si dice che per il più debole sia meglio giocarsi tutto in novanta minuti.
Non vale per la Signora che dieci mesi dopo non deve andare in cerca di vendette, ma dimostrare di aver capito la lezione. Nell'approccio alla sfida a sentire le parole sembra di sì: l'eccessiva fiducia prima della finale, ha lasciato posto a un sano realismo. Buffon, ad esempio, ha parlato di qualche possibilità di vittoria escludendo «il 50 e 50». L'ambiente ha ritrovato l'abitudine a queste sfide: «Pessimismo? Il clima qui è cambiato grazie all'abitudine a giocare queste partite, ed è giusto così: Giochiamo per vincere la Champions». Allegri ha anche chiamato a raccolta i tifosi dopo i fischi ingenerosi a Khedira contro il Milan, poi decisivo nel finale.
Di una cosa è sicuro l'allenatore: dopo Cardiff la Juve ha imparato a gestire i momenti difficili della partita perché «in quel secondo tempo abbiamo mollato mentalmente». Le sue scelte di stasera sono anche un'implicita ammissione che tatticamente qualcosa non andò per il verso giusto: infatti proporrà il centrocampo a tre e non a due. Contro quel Zidane che a Torino quando è tornato da giocatore ha perso due volte. È la prima da ex come allenatore in quel fortino dell'Allianz Stadium, che in Europa non cade da quattro anni, l'ultimo fu il Bayern nel 2013.
«Juventus e Real Madrid hanno lo stesso dna», la carezza di Zizou per il quale Cardiff non evoca certo incubi, ma ha già messo nel baule dei ricordi:
«Appartiene al passato». La Juve vuole, invece, cancellarla e va a caccia di quei fantasmi vestiti di bianco delle Merengues. Serve una Signora in versione acchiappafantasmi, ma visto che siamo in Europa meglio dire ghostbusters.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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