E venne il giorno della Joja. Il Gioiello. O del Picciriddu, come lo chiamavano a Palermo. Intendiamoci: Allegri aveva snocciolato i numeri secondo cui Dybala era stato, prima di ieri, l'attaccante più utilizzato tra quelli in rosa. Però la sensazione era che l'argentino fosse a volte andato in campo più per l'assenza di alcuni colleghi di reparto che non per scelta tecnica. Detto questo, lo stesso tecnico livornese aveva sempre tessuto le lodi del suo attaccante tascabile, sottolineando però che «una cosa è fare il leader nel Palermo e un'altra esserlo nella Juve. Dategli tempo».
Peccato che a Torino il tempo corra veloce, le attese snervino e i processi impazzino: complice una classifica inaccettabile (copyright Andrea Agnelli), il tecnico livornese aveva cominciato a sentire aria di "processo mediatico" con quel che il tutto comporta. Non che questo spieghi l'impiego di Dybala dal primo minuto ieri contro l'Atalanta, ma era chiaro fin da sabato che l'aria stava cominciando a diventare pesante.
Poi, siccome il campo a volte spazza via tutti i cattivi pensieri, ecco il fatturato prodotto dal ragazzino di Laguna Larga: sinistro dal limite dell'area a sbloccare il match, assist per il raddoppio di Mandzukic, rigore procurato sbagliato poi da Pogba, più una serie di giocate in tandem con lo stesso francese da stropicciarsi gli occhi. Stadium conquistato dai 176 cm di talento puro che il quasi 22enne erede di Tevez si porta dietro, classifica minimamente aggiustata e comunque due punti recuperati all'Inter. «Sono contento, ma ho anche sbagliato tanto. Devo giocare in modo diverso rispetto a Palermo: lì facevo quello che volevo ed ero sempre assistito da Vazquez, qui faccio quanto mi chiede il mister. Pressione? Nessuna, perché parlo tanto con i miei compagni e non sento quello che si sente in giro». Sguardo vispo, fidanzata siciliana e nessuna voglia di nascondersi nemmeno quando rifà capolino la parola scudetto: «Siamo qui per questo». Intanto è arrivato a cinque reti stagionali in 656', ovvero una ogni 131': non male davvero, con tutti i distinguo del caso e le obiezioni di Allegri che inizialmente lo vedeva solo come prima punta e non come attaccante di complemento a uno tra Mandzukic e Morata. «Io credo in quello che faccio - ha poi puntualizzato il tecnico -. Si può dire tutto di me, ma non che sbagli la gestione dei giovani visto come mi sono comportato fin da Cagliari. Giocare nella Juve è diverso che nel Palermo: Paulo deve crescere fisicamente e migliorare in tutto, lavorando in un certo modo tra le linee per diventare una seconda punta. Per arrivare al livello di Tevez, mancano passaggi tecnici e fisici». La strada però è tracciata, anche se «adesso è chiamato in causa ogni quindici secondi, mentre l'anno scorso toccava un pallone ogni tanto. E' un contesto diverso, ma nessuno ne mette in dubbio le qualità: può diventare un campione vero».
Di sicuro d'ora in avanti sarà difficile tenerlo fuori e, comunque, averne di questi problemi.
Intanto, la squadra non ha preso gol in casa per la prima volta in questo campionato e pure Mandzukic ha timbrato il cartellino grazie a un tocco ravvicinato di quelli che a volte fanno pure vincere le partite.
Non ha quasi mai sofferto, la Juve, che ha ritrovato anche un Pogba quasi all'altezza del suo pedigree forse anche aiutato dall'avere scritto a mano il numero 5 di fianco al 10 d'ordinanza (1+0+5=6, ovvero il numero
che indossava l'anno passato): il rigore sbagliato, già sul 2-0, stavolta conta davvero poco. Anche se magari quel monello di Dybala, per rendere ancora più splendente il proprio pomeriggio, lo avrebbe tirato volentieri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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