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E non c'è da stare Allegri Dai malumori al Barça Milan a rapporto dal Cav

Il tecnico e Galliani ad Arcore. Si è parlato di Europa, mercato ma non solo. E dal Brasile rimbalza la notizia di un possibile clamoroso ritorno di Kakà

E non c'è da stare Allegri Dai malumori al Barça Milan a rapporto dal Cav

MilanoChiodo schiaccia chiodo. Lo sfogo alla Mourinho di Allegri ha parzialmente rovinato il clima della qualificazione milanista, attesa come una finale o se meglio credete un giudizio universale, ma il vertice di Arcore convocato a sorpresa ieri pomeriggio ha di fatto messo tutto in un cantuccio, compreso il mal di pancia del tecnico, e aperto il dibattito sul mercato prossimo del club. Al Milan sono super esperti di comunicazione ma forse il ribaltone di ieri non è stato studiato a tavolino, piuttosto è risultato l'esigenza immediata di puntellare il gruppo squadra nelle stesse ore in cui a Montecarlo ha preso forma il girone della nuova Champions (Barcellona tanto per cambiare).

Allegri, convocato in sede, si è accomodato nell'auto di Adriano Galliani per raggiungere la residenza presidenziale, e con lui ha ricostruito la genesi della sua intemerata notturna, quella frase «magari mi dimetto» dettata ai microfoni Mediaset di Canale 5 dinanzi alle facce stupite di Arrigo Sacchi. «È stata una battuta di poco spirito»: la chiosa del vice-Berlusconi, a caldo, ha fornito subito la sintesi. Zero gradimento dal parte del club, interessato a celebrare l'arrivo tra le regine d'Europa. Il livornese ha capito al volo d'aver schiacciato troppo il piede sull'acceleratore ma aveva bisogno di liberarsi di tossine, veleni e martellate subite lungo gli ultimi due anni. I cori destinati a Filippo Inzaghi durante l'intervallo col Psv, le voci sulla candidatura di Mangia (ex tecnico dell'under 21 scelto da Sacchi), i titoloni dei giornali che davano per scontato il suo esonero e l'arrivo di Seedorf in panchina qualche settimana fa, hanno spinto Allegri a vuotare il sacco. «Sono due anni che sto sulla graticola, ci vuole rispetto per il nostro lavoro» è stata la spiegazione apparecchiata per cancellare propositi autentici di dimissioni, «anche se ogni tanto un po' di confusione ci vorrebbe» la chiosa per far capire che da tempo aveva immaginato la "sparata".

Le spiegazioni di amici e confidenti di Allegri sono state le più diverse: 1) «Si è tolto i macigni che aveva nelle scarpe»; 2) «Ha voluto ricordare ad Arrigo che lui allenava Gullit e Van Basten mentre ora al Milan ci sono Cristante e Petagna»; 3) «Ha segnalato di essere vittima anche di un fuoco amico». La conclusione è una soltanto: è bene che Allegri faccia l'Allegri, quello che predica la calma, senza avventurarsi in una improbabile imitazione di Mourinho, non gli è riuscita granché. Ha riscosso più censure e tirate d'orecchi, anche da Berlusconi e Galliani, che consensi (specie tra i tifosi, sensibili più ai risultati che al resto).

Così tutti i riflettori si sono spostati su villa San Martino ad Arcore e sul vertice con il presidente (a cui ha partecipato anche Barbara Berlusconi, componente del cda) che già mercoledì mattina aveva programmato una visita lampo a Milanello per incoraggiare la squadra a poche ore dalla sfida col Psv, annullata per impegni politici. Matri è il primo degli acquisti, preparato da tempo, annunciato già mercoledì notte da Barbara Berlusconi alle telecamere di milan-channel. Evidente che si è discusso anche di altro.

Per esempio il clamoroso ritorno di Kakà in rossonero: il brasiliano ha rotto con il Real e Galliani ha confermato a un sito sudamericano: «Può tornare a Milanello».

Per esempio della stabilità di Allegri a cui il presidente, prima di proseguire l'incontro a cena, ha rivolto parole di incoraggiamento, rassicurandolo sulla stima e l'apprezzamento per il lavoro fin qui svolto. Per esempio l'arrivo di un centrocampista per rimpolpare quel ruolo.

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