E ora piange chi non lo rispettò

E ora piange chi non lo rispettò

Gigi merita altro. Non la commozione da repertorio e gli agganci furbastri a un episodio della sua carriera. Gigi ha vissuto prima e dopo quella maligna Juventus Inter, Gigi Simoni è stato ala destra di buon dribbling e un allenatore onesto, nel senso che mai ha spacciato il suo football come diverso, esclusivo, fondamentale. Qualcuno sostiene che fosse un galantuomo di un'altra epoca, per me è stato un gentiluomo di questa epoca in cui la figura in questione o è estinta o è rarissima. Pettinato sempre, nei capelli e nelle parole, mai a voce alta, se non in quei secondi furibondi del Delle Alpi, calciatore regolare, frequentatore di spogliatoi, con il l'Ozo Mantova e il Napoli, e poi il Toro dove se ne partì, dirottato alla Juventus, al posto di un altro Gigi, lui sì, bizzarro, scarmigliato, artista, Meroni intendo, la cui cessione al club di Agnelli venne bloccata dalla proteste del popolo granata, tra questi anche gli operai Fiat con leggende annesse sulla catena di montaggio. Gigi avrebbe vestito anche il rosso e il blu del Genoa, colori della terra di origine, Crevalcore, Bologna di cui ha sempre conservato, oltre che l'affetto, un pacioso accento. A battersi il petto per la commozione, oggi, ci sono anche coloro che non si ribellarono al suo licenziamento proprio il giorno in cui Gigi si trovava a Coverciano per ritirare il premio più nobile per un tecnico, la Panchina d'oro, una telefonata di Mazzola gli comunicò la fine dell'avventura, imprevista e imprevedibile, nell'aria e nel cuore dei tifosi interisti c'era ancora quella notte bella, cinque giorni prima, il trionfo sul Real Madrid.

Ma il calcio e lo sport si concedono ai sentimenti per due minuti in tutto, poi si rammenta degli stessi quando un suo attore ci abbandona e questo è davvero un anno maledetto, Hidalgo, Herbin, Simoni, dopo la scomparsa di narratori di questa passione, Mura, Rialti, Bernardi, Ferretti. E allora, eccoci di nuovo con un altro minuto di raccoglimento, un'altra pausa di pensiero, prima di riaprire il cassonetto di un football e di una vita, sempre più sofferte.

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